Ci sono cose che non capitano molto spesso. Una di queste è ricevere un’e-mail apparentemente innocua, tramite un provider gratuito, senza roboanti comunicati stampa o straordinarie manovre di marketing, da un perfetto sconosciuto che ti chiede semplicemente di “provare il suo gioco”, costatogli tre anni di duro lavoro, per poi restare di gesso. Perché è esattamente questo, che ci è capitato una settimana fa: essere contattati direttamente da Mario Malagrino, nostro lettore da anni, per essere messi al corrente della sua fatica. E, quando abbiamo installato Remote Life sui nostri computer, non volevamo credere ai nostri occhi: è semplicemente un capolavoro, uno dei migliori shoot ‘em up a scorrimento realizzati in occidente.
LE SOLITE PREMESSE
In un futuro lontano lontano, la federazione di tutti gli Stati Uniti della Terra si trova con una bella gatta da pelare: un intero incrociatore spaziale è scomparso da un remoto settore dello spazio, dopo aver segnalato la presenza di una grossa massa di origine sconosciuta. La federazione manda subito una navicella in ricognizione, ma la stessa riesce soltanto a confermare l’esistenza di una spaventosa minaccia aliena, prima di essere a sua volta sopraffatta. Come nella migliore tradizione dei videogiochi, dunque, non resta che individuare il miglior pilota del pianeta (cioè, noi) e spedirlo allo sbaraglio, con l’obiettivo di distruggere tutto ciò che si muove. Questo, ovviamente, non prima di aver superato sedici livelli stracarichi di nemici e altrettanti mostri finali, ricorrendo però a un arsenale vario e dall’impatto pirotecnico a dir poco esagerato.
IL PRONIPOTE DI R-TYPE
Remote Life è uno shoot ‘em up bidimensionale a scorrimento laterale sullo stile di Menace, R-Type, Project-X e relativi pronipoti. Le sue caratteristiche principali sono l’estrema difficoltà a procedere e l’incredibile effetto scenico della grafica, che si ispira pesantemente al lavoro di Hans Ruedi Giger e, naturalmente, a tutti i grandi classici del genere, con creature biologiche e biomeccaniche dall’aspetto inquietante sparse ovunque. Ogni livello ha uno stile grafico caratteristico e le proprie peculiarità ma, ciò che rende spettacolare la grafica di questo gioco, è il fatto che le pareti siano spesso dinamiche, con vaste aree in movimento ed elementi che ruotano, che si spostano o che esplodono fragorosamente provocando momentanee distorsioni dell’ambiente circostante. Intendiamoci: le schede video e i processori moderni sono fatti per gestire senza alcun problema tutte queste cose, e non mettiamo in dubbio che oggi esistano sistemi di sviluppo molto più funzionali e completi rispetto a ciò che, per dire, Manfred Trenz potè usare quando convertì R-Type sul Commodore 64, ma senza un po’ di talento naturale o di esperienza maturata in anni di lavoro è davvero difficile ottenere buoni risultati. E Malagrino, ci teniamo a ricordarlo, è al suo primo videogioco programmato: se questo è l’esordio, possiamo scommettere che sia nata una stella.
UN ARSENALE DA COMPETIZIONE
Anche se è lodevole lo sforzo di aggiungere una modalità di controllo con mouse e tastiera, questo gioco va affrontato con un joypad dotato di due leve analogiche. Con la prima delle due leve è possibile spostare la navicella in tutte le direzioni, con la massima precisione; l’altra levetta ci servirà per indirizzare i nostri colpi dove preferiamo.
quando abbiamo installato Remote Life sui nostri computer, non volevamo credere ai nostri occhi: è semplicemente un capolavoro
CLASSICO MA DIVERSO
Remote Life non ci costringerà soltanto a procedere inesorabilmente verso destra e a sparare come dei matti. In alcuni livelli il gameplay si complica con missioni di escorting e con la necessità di muoversi in tutte le direzioni, per raggiungere alcuni obiettivi disseminati in veri e propri labirinti. In questi casi particolari, nell’angolo superiore destro dello schermo apparirà una mappa del livello in sovrimpressione. Un apprezzabile sistema di achievement permetterà al nostro pilota di avanzare di grado e di avere accesso, se necessario, a mettere le proprie mani sulla cloche di navicelle differenti. Non esiste infine il punteggio ma, secondo i canoni moderni, possiamo sempre cominciare una nuova partita da uno qualsiasi dei livelli già raggiunti.
Passerà ancora molto tempo prima che io smetta di tessere le lodi di questo gioco, semplicemente perché ha tutto quello che un vecchio estimatore del genere come me – che spese settimane e settimane di paghette sui coin op di Salamander, R-Type e successivi omologhi – potrebbe desiderare nel 2020. Una sfida impegnativa, graficamente impeccabile, che ha quasi la natura del miracolo se pensiamo che sia opera di una persona sola. Una cosa talmente romantica al giorno d’oggi, che sarebbe davvero un delitto non premiare adeguatamente. Tre anni di duro lavoro che costano solo 18 euro, e che non hanno fatto davvero nessun genere di sconto all’autore. Il capolavoro che viene dal nulla e che, speriamo, servirà a proiettare Mario Malagrino tra i prossimi big dell’Industria.