Battlefield V - Recensione

PC PS4 Xbox One

La recensione di Battlefield V che state per leggere è stata divisa in due parti al fine di testare a fondo le varie modalità multiplayer. Buona lettura.


Un gioco sulla guerra ha spesso l’arduo compito di raccontare una storia dentro la storia, cercando ispirazione in momenti delicati del nostro passato, traendo allo stesso tempo una morale pronta a farci interpretare lo spettacolo per quello che è: un gioco sulla guerra.

La presentazione di Battlefield V, per mezzo di un prologo tutorial interattivo, fa il suo egregio lavoro fotogramma dopo fotogramma senza mollare per un solo momento la presa, sparando tutte le cartucce del caricatore e catapultandoci direttamente nel vivo dell’azione, paracadute in spalla e fucile in braccio. Non è importante dove atterriamo, bensì come e se riusciremo a sopravvivere alla giornata riportando la nostra pellaccia a casa. Questa recensione voglio iniziarla così, con la forza delle parole veicolata con immagini da far rabbrividire anche il più coriaceo degli “eroi”, instillando al contempo la curiosità e la voglia di vivere tutto quello che il gioco ha da offrire senza risparmiarci nulla. Qualcuno ha detto che “la guerra non cambia mai”, ma il rinnovamento che DICE ha inseguito iniziando un cammino ormai nel lontano 2002 sembra aver trovato finalmente oggi, o già nel 2016, una propria valida identità.

IL RACCONTO COME POEMA EPICO

La formula episodica caratterizzata dalle Storie di Guerra continua a venir utilizzata dagli sviluppatori per scandire il comparto single player del gioco, tant’è che anche questa volta è possibile accedere al lancio a tre diverse storie, ognuna avente un suo protagonista, che però differisce dal solito eroe “senza macchia e senza paura”. In Battlefield V gli eroi sono persone comuni coinvolte loro malgrado in un conflitto più grande di loro, dove la componente emotiva rincara la dose adrenalinica per mezzo di una sceneggiatura attenta ai particolari.

Ogni personaggio trova la sua ragion d’essere in un racconto umano che usa la guerra come contorno

I protagonisti sono tutti diversi tra loro: c’è il tiratore senegalese pronto ad affrontare la sua campagna in Provenza, oppure l’ex galeotto inglese arrestato per numerose rapine in banca a cui viene offerto, come ultima ratio, di militare in segreto in Nord Africa per distruggere alcuni focal point nazisti. Ma la storyline che mi è piaciuta di più è Nordlys, campagna dove una giovane ragazza norvegese tenta il tutto per tutto al fine di liberare la madre dalla prigionia in un castello sperduto tra le foreste del luogo. Ogni personaggio trova la sua ragion d’essere in un racconto umano che usa la guerra come contorno, un collante necessario allo scopo di narrare un’esperienza che va oltre il canonico “Rambo”, sfruttando la forza dell’immedesimazione al punto che il giocatore, atto dopo atto, percepisce questi avatar in modo particolarmente viscerale.

La cura del dettaglio la si ritrova nei particolari, come il doppiaggio fedelissimo che segue l’idioma d’origine del personaggio

Ognuno dei capitoli disponibili è diviso in sezioni, o mini capitoli se vogliamo, che alternano l’azione frenetica alla narrazione, sfruttando delle piacevoli cutscene girate con la grafica del gioco. È doveroso sottolineare come gli sviluppatori abbiano lavorato alacremente al fine di comporre un poema coinvolgente, capace come scrivevo poc’anzi di racchiudere l’epicità del racconto all’interno di storie brevi ricche di pathos. La cura del dettaglio la si ritrova nei particolari, come il doppiaggio fedelissimo che segue l’idioma d’origine del personaggio senza cascare nella banale traduzione worldwide in un’unica lingua, oppure nel riuscire a caratterizzare mediante l’utilizzo del motore grafico Frostbite degli scenari convincenti e pieni zeppi di dettagli, impressionanti soprattutto se prendiamo in considerazione gli aspetti morfologici, caratteristici e urbani degli scenari scelti come palcoscenico per mettere in mostra le storie di guerra.

GRANDE NON SEMPRE VUOL DIRE BUONO!

Entriamo un attimo nei tecnicismi, giusto per impastarsi un po’ la bocca come farebbe qualche soldato con un po’ di tabacco, e cerchiamo di affrontare sin da subito pregi e difetti della campagna. Accantonando infatti tutta la parte narrativa, rimangono da analizzare il level-design delle zone, il gunplay e l’intelligenza artificiale dei nazisti. Comincio subito con il sottolineare che la costruzione dei livelli sfrutta dettagli e caratteristiche dell’ambiente per regalarci un’arena di modeste dimensioni, quasi sicuramente pensata per cercare di rendere il più diversificato possibile l’approccio con la missione da compiere. Non esistendo delle vere e proprie regole d’ingaggio, una missione può essere affrontata totalmente in stealth sfruttando le abilità corpo a corpo di ogni personaggio (o i coltelli da lancio in Nordlys), oppure tirando una granata in piena vista per provocare il caos necessario ad attirare i nemici in un unico punto per farli tutti fuori.

Il bello della campagna è che non costringe a seguire un corridoio necessariamente dritto e angusto

Che sia quindi una questione di gusti o di achievement, il bello della campagna è che non costringe a seguire un corridoio necessariamente dritto e angusto, ma permette di seguire una linea che può fare a zig zag arrivando comunque alla fine del corridoio precedentemente citato. Che sia sui sedili di un carro armato o su degli sci, il bello sta proprio nel “poterlo fare”, anche se sappiamo tutti benissimo che Battlefield tende a essere un’esperienza arcade che non vuole in alcun modo impensierire il giocatore inserendo delle regole troppo severe. L’approccio tattico indubbiamente premia di più, anche perché disattivare un allarme o usare qualche silenziatore per terminare il nazista di turno rende il sapore della vittoria assolutamente più dolce. Il gunplay rispecchia le regole impostate da DICE anche con Battlefield 1 e infatti, come volevasi dimostrare, la maggior parte delle armi inserite nel roster risulta convincente e inerente al contesto storico (giusto con qualche piccola eccezione), nonché capace di restituire un buon feedback di utilizzo tra rinculo e aggiustamento della mira.

La maggior parte delle armi inserite nel roster risulta convincente e inerente al contesto storico

Se c’è una cosa che proprio mi ha fatto storcere il naso è stata l’intelligenza artificiale dei nemici, effettivamente fin troppo prevedibile e quasi ridotta alla demenza senile. Se allertati da un rumore o dalla vostra vista, cominceranno a fare la fila per lanciare l’allarme servendo fin troppo bene il fianco alla vostra mercé, oppure cominceranno tutti a raggiungere la distanza standard calcolata dagli algoritmi di gioco per cominciare a spararvi, creando delle “file da supermercato” piuttosto imbarazzanti. Non si capisce come questo fattore non si manifesti in tutte le situazioni, elemento che cercherò di mettere sotto la lente d’ingrandimento subito dopo la pubblicazione della patch day-one. A livello di rigiocabilità, infine, oltre a permettere ai giocatori di affrontare le campagne con quattro difficoltà differenti, sarà inoltre possibile trovare dei piccoli extra nascosti nell’ambientazione sotto forma di documenti, cercando al contempo di completare degli obiettivi particolari come sparare con una determinata arma, distruggere tre aerei, e via così.

In definitiva, la parte single player pubblicata quest’anno da DICE per il suo Battlefield V convince per la sua narrazione epica, anche se serve il fianco a delle complicazioni tecniche da tenere in considerazione. In sede di giudizio complessivo delle tre storie di guerra (la quarta arriverà a dicembre, con protagonista un comandante tedesco) possiamo ritenerci soddisfatti, e non vediamo l’ora di scoprire il pacchetto completo dell’offerta di gioco, che vedrà la pubblicazione di alcune modalità in più trance. Scelta saggia? Lo scopriremo presto.

Dopo aver esaminato con attenzione la parte dedicata alla campagna, che saprà comunque intrattenervi per almeno una decina di ore tra sfide e ritrovamenti di fascicoli extra, possiamo buttarci senza remore nella parte multigiocatore. Cominciamo con il sottolineare subito una cosa: un po’ come avviene per i titoli sportivi appartenenti a filoni di pubblicazione differenti, anche Battlefield trova in Call of Duty un grande competitor in termini di vendite e community, motivo che in parte ci spinge inevitabilmente a fare un minimo di paragoni in sede di valutazione. A differenza infatti di quanto visto con il diretto rivale, Battlefield V arriva sugli scaffali un po’ “monco”, nel senso che molte delle modalità promesse in corso di sviluppo verranno aggiunte in seguito, a partire da dicembre di quest’anno. Parlare quindi al presente senza pensare al futuro risulta più difficile che mai, se non altro perché giudicare il prodotto nella sua totalità – oggi – è praticamente impossibile, considerando peraltro che la modalità Battle Royale arriverà, gratuitamente come tutti gli altri in corso di pubblicazione, addirittura a marzo.

NON CONTA SOLO LA VELOCITÀ

Se il modello scelto da Call of Duty ha spinto maggiormente sulla velocità in combinazione con mappe decisamente anguste, Battlefield V fa invece il contrario, cercando in qualche modo di ampliare notevolmente l’area di gioco, restituendo non solo maggior respiro, ma anche un necessario “senso di strategia” nel pianificare gli attacchi nei confronti degli avversari. Per prima cosa il matchmaking ci infila all’interno di una squadra composta da quattro giocatori, espediente che favorisce non soltanto l’aspetto cooperativo del gioco (con gli amici cambia completamente musica, in positivo), ma anche sotto quello della pressione nei confronti degli avversari, poiché il respawn può essere effettuato nei paraggi di un compagno qualora quest’ultimo non stia ingaggiando un combattimento, e l’eventuale resurrezione sul campo potrà essere effettuata (a meno che non ci sia un medico vicino) solo dal vostro compagno di squadra. In seconda battuta, ma questo sta sempre a noi deciderlo, l’inserimento in una squadra dovrebbe spingere a selezionare ruoli differenti scegliendo tra le classi disponibili, ovviamente tenendo conto non solo delle proprie capacità ma anche della mappa in cui stiamo per giocare. Fare il lupo solitario è da escludere a priori, ricordatevelo quando entrerete nella vostra prima partita.

Fare il lupo solitario è da escludere a priori, ricordatevelo quando entrerete nella vostra prima partita

Per affrontare al meglio uno scenario di ampio respiro come Fjell bisogna necessariamente considerare di avere tutte le classi in squadra, se non altro per aumentare la forbice legata alla sopravvivenza di un team pronto a collaborare senza correre incontro alla frag intesa come punteggio fine a sé stesso. Lo stesso si può dire per Acciaio Fuso, uno scenario paludoso che richiama comunque il cecchinaggio nelle zone di controllo aperte ricche di vegetazione, ma che richiede una pressione maggiore durante la conquista del ponte sospeso al centro della mappa, dove magari un assaltatore o un geniere riescono a far meglio il loro sporco lavoro grazie a una maggiore cadenza di fuoco. Sembrano tutte inezie, tecnicismi o prese di posizione, ma in realtà dovrebbero farvi intendere che il gioco vuole spingere sulla strategia e sul gioco di squadra, lasciando un momento da parte lo schema riepilogativo della classifica, che serve giusto a prendere un po’ di punti esperienza in più per salire di livello e ottenere nuove armi e/o qualche modello estetico in più. Il sistema di progressione del giocatore si ripercuote non solo nell’equipaggiamento del soldato di cui vestiremo i panni, ma anche nelle personalizzazioni dei mezzi di trasporto, che potranno essere personalizzati modificando alcuni punteggi caratteristica utili a sopravvivere qualche minuto in più.

Il sistema di progressione del giocatore si ripercuote non solo nell’equipaggiamento del soldato di cui vestiremo i panni, ma anche nelle personalizzazioni dei mezzi di trasporto

Battlefield V divide l’esperienza multigiocatore in delle macro sezioni, mantenendo i classici come Conquista, Dominio o Team Deathmatch, ma tirando in ballo anche nuove interessanti varianti di queste ultime come Operazioni su Vasta Scala, Sfondamento e Prima Linea che, anche se cambiano alcuni piccoli aspetti della formula vincente reiterata per tutti questi anni, riescono a donare nuova linfa vitale al brand coadiuvato da un buon livello di interesse e divertimento nel giocarle. Le potenzialità del titolo sono quindi molteplici ed è bello vedere come DICE si sia letteralmente sbizzarrita sul materiale in proprio possesso, dimostrando come a volte non serve andare troppo lontano dal seminato per raccogliere qualcosa di buono. La cura nei dettagli e nelle ambientazioni viene messe in evidenza dalla distruttibilità degli edifici, vera chicca del franchise, ma anche dalla presenza di mezzi di trasporto utilizzabili all’occorrenza, che aggiungono anche discreto pathos durante gli scontri su vasta scala. Fronteggiare un carro armato senza essere in possesso di un lanciarazzi o di C4 vi metterà discretamente a disagio, ma imbracciare il cannone di una postazione antiaerea per buttare giù qualche caccia ripristinerà il morale in pochi secondi.

Fronteggiare un carro armato senza essere in possesso di un lanciarazzi o di C4 vi metterà discretamente a disagio

Ritornando un momento sulle modalità esposte poco sopra, è bene spendere due paroline di approfondimento su Operazioni su Vasta Scala, perché a mio avviso porta il concetto di multiplayer cooperativo in ambito FPS a un livello successivo. Lo scopo della modalità è quello di partecipare alla guerra dividendola in più battaglie, dove l’esito del giorno appena concluso influenza quello successivo, regalando a uno dei due reggimenti sul campo delle ricompense tradotte in bonus. Oltre a dover quindi “tenere duro” perché la modalità viene diluita anche in una quarantina di minuti di gioco (a seconda se si gioca con o contro i mostri sacri degli sparatutto), bisogna anche essere pronti a diversificare l’impegno sul campo a seconda della modalità scelta in autonomia dal gioco, il quale secondo un proprio algoritmo propone una tipologia di scontro al posto di un altro a seconda dell’andamento del round appena concluso. Se poi si arriva, per un motivo o un altro, al quarto giorno di scontro, il gioco propone un’ultima battaglia campale dove i giocatori avranno un’unica vita e munizioni limitate. Grazie a queste scelte di gameplay, il titolo si differenzia moltissimo dal rivale di settore, ritagliandosi una propria fortissima identità che mantiene alto il morale per i più appassionati del franchise, strizzando nel frattempo un occhio a tutti i possibili player in più che non vedono l’ora di sapere come DICE vuole personalizzare la propria Battle Royale.

NON SOLO NUMERI

Oltre quindi a tutte le possibilità enumerate finora, il client di gioco propone anche un piccolo sistema di ricompense, grazie all’introduzione di alcune missioni giornaliere (o sfide se volete) che una volta completate aggiungono al nostro account una valuta virtuale utile a comprare nuove estetiche al fine di personalizzare il nostro personaggio. DICE si è concentrata sull’ascoltare il feedback dei propri giocatori, migliorando alcune delle caratteristiche già espresse in passato con BF1 e accentuando, nel processo di creazione, tutta l’esperienza cooperativa per portarla a un livello successivo.

DICE ha ascoltato i feedback dei giocatori

Grazie a questi accorgimenti Battlefield V risulta uno sparatutto complesso, capace di restituire ai giocatori diverse emozioni positive sia affrontado le Storie di Guerra, sia giocando in multiplayer. Tutta la polemica legata all’inserimento delle donne o alla presenza di protesi di vario genere lascia sicuramente il tempo che trova e si vede, passaggio dopo passaggio, come DICE ed Electronic Arts abbiano deciso di tenere le prime, lasciando da parte le protesi che, almeno in questa prima release, risultano praticamente assenti.

Il gioco ha il suo prezzo e i suoi contenuti da giudicare ora, pertanto quello che posso dirvi è che l’esperienza di gioco in Battlefield V mi ha lasciato piacevolmente soddisfatto. Se da un lato ho amato personalmente l’esperienza maturata nelle Storie di Guerra, poiché sono un single player convinto e amo sottolinearlo, dall’altro sono riuscito ad apprezzare nel complesso tutte le varianti del multigiocatore. Il motivo è molto semplice: grazie alle mappe di ampio respiro, unite all’epicità di uno scontro campale in piena regola, si ha la sensazione di far parte di qualcosa di più grande, dimenticando al contempo le “speedrun” in salsa Call of Duty.

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Pro

  • Le Storie di Guerra sono ben scritte e presentano protagonisti veramente speciali
  • Modalità multigiocatore di ampio respiro
  • Il Frostbite lavora egregiamente trasportandoci su un campo da guerra impressionante

Contro

  • Peccato che non ci siano tutti i contenuti al lancio!
  • Ogni tanto il matchmaking è un po' ballerino
8.5

Più che buono

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