Creature in the Well - Recensione

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In fondo al pozzo due occhi felini, abbaglianti come fari allo xeno. Un oblò con vista sull’interno di una montagna eviscerata, il cui cuore di roccia è stato asportato e sostituito da un organismo metallico, rivendicato da chi questo picco lo abita da tempo immemore. La North Star, miracolo ingegneristico capace di controllare il meteo e dissipare la perenne tempesta di sabbia che stritola Mirage e i suoi abitanti come un boa, ora in stato comatoso, ecomostro in disuso senza più energia nelle vene. L’ultimo BOT-C si mette in cammino, inconsapevole, spinto dal dovere più che dall’eroismo, chiamato alla routine piuttosto che al soccorso. Una missione che si rivelerà estremamente divertente, però, quella di Creature in the Well, perché a regolare i flussi energetici del complesso è un’ingegneria folle a base iper-cinetica, pensata da chi è cresciuto tra i flipper del bar dietro casa e le partite di baseball in TV. Un gioco di sponde, rimbalzi e schivate che sposa in un “sì, lo voglio!” Arkanoid e l’hack ‘n’ slash isometrico.

FLIPPER CRAWLER

Ogni cella degli alveari che compongono gli otto settori della North Star è un flipper in miniatura mosso da poche regole che continuano a sommarsi, in un crescendo di complessità da controbilanciare con rapidità e precisione. Un’arma per caricare le sfere di energia, sospese a mezz’aria, l’altra per batterle in homerun, imparando a leggere il rimbalzo per farsi trovare nel punto giusto e fluidificare l’azione, evitando contemporaneamente i letali sistemi di difesa. Al contatto con le biglie i bersagli si ricaricano fino a essere riassorbiti dall’organismo meccanico della struttura, sublimando in un punteggio che non è mero vanto ludico ma vera e propria valuta, spendibile per aprire i portelloni sigillati del complesso e per potenziare il nostro nucleo vitale.

Un gioco di sponde, rimbalzi e schivate che sposa in un “sì, lo voglio!” Arkanoid e l’hack ‘n’ slash isometrico

Il gameplay di Creature in the Well nasce da un’idea geniale, sicuramente inedita, ma Flight School Studio non riesce quasi mai a ricombinarla durante il viaggio, peccando di inventiva e versatilità; è un loop alienante, ripetitivo, dove la meravigliosa direzione artistica di un Unreal Engine 4 dal tratto fumettistico riesce solo a velare un copia-incolla evidente, sia in pochi puzzle che nella disposizione delle stanze, differenziando i settori quasi solamente per scelte cromatiche. Un dungeon crawler a scopo di manutenzione che però trasforma il giocatore in un workaholic, perché graziato da un sistema di controllo che spacca il secondo e crea dipendenza. È un’opera che stimola a essere giocata bene, padroneggiata, morbida nelle prime ore, tanto da temere che scorra via senza accorgersene, per poi delirare nel bullet hell più spinto, a luci rosse. Rosse come le sfere che certi bersagli ci risputano indietro infuocate, mentre quelle che sfuggono al nostro controllo rischiano di incrociare la traiettoria di suscettibili colonne pronte a rilasciare devastanti onde d’urto se sfiorate. Il picco di tutta la produzione si raggiunge nelle instabili ed esplosive boss fight contro l’elusiva creatura, dove il lavoro degli sviluppatori trova la pace dei sensi. Una sfida di nervi che ci potrebbe vedere letteralmente lanciati a schiaffi fuori dal pozzo, rabbiosi e vendicativi, come esultanti ed esaltati, col cuore in gola per quell’ultimo bersaglio colpito con qualche pixel di energia residua. È semplicemente un piacere reiterare queste meccaniche, così ben studiate e realizzate, eppure il rammarico cresce proprio durante il cliffhanger finale, che si mangia le precedenti ore di gioco (7/8) in un sol boccone e restituisce la certezza che si sarebbe potuto osare di più durante il percorso. L’impressione è quella di un titolo embrionale, a metà strada tra il capolavoro e il prototipo, che dimostra però ampiamente come in Flight School Studio (alla terza opera dopo Manifest 99 e Island Time, entrambi in realtà virtuale) ci sia gente con un manico non indifferente.

OASI NEL DESERTO

Se è vero che la varietà scenografica su Creature in the Well è stata sacrificata, l’estetica di Mirage e dintorni colpisce per cura ed eleganza. Basta osservare un attimo le animazioni, certe scelte stilistiche e la fluidità generale per rendersene conto. Attorno all’asse arcade del titolo ruota un piccolo e suggestivo mondo raccontato dalle parole dei pochi superstiti e dalle memorie di chi all’interno della North Star, braccato dalla creatura, ci ha lasciato la pelle.Creature in the Well recensione

Il gameplay in sé nasce da un’idea geniale ma Flight School Studio non riesce quasi mai a ricombinarla durante il viaggio

Lo stesso complesso ha un fascino industriale, un feeling meccanico che si trasmette non solo per via oculare ma soprattutto uditiva, con un sound design sempre al posto giusto, pulito, ricco di rumori pieni che danno la sensazione di stare riattivando un enorme macchinario, in contrasto con flash e giochi di luce da sala giochi che sembrano poter mandare in tilt il gioco da un momento all’altro. Scie fluorescenti che fendono colori pastello macchiati da indelebili ombre a china. Un contrasto che non mette mai in disparte la leggibilità dell’azione, mentre le tracce sintetiche in sottofondo suonano come una suggestiva eco proveniente dalle profondità della montagna. Che atmosfera!

Creature in the Well incanta e aliena col suo gameplay arcade, da bar, sullo sfondo di un dungeon crawling ripetitivo e poco ispirato. Otto dungeon che non spiccano mai per sostanziali differenze, né estetiche né ludiche, che però permettono al cuore dell’azione di rimbalzare da una parte all’altra di questo flipper ‘n’ slash senza pause, aggiungendo qualche nuovo elemento di quando in quando fino a far esplodere la difficoltà ed esaltarne il sistema di controllo. Bellissimo da vedere e ascoltare, immerso in una minimale e interessante mitologia, Mirage e il monte che la sovrasta sono comunque la scenografia di un’opera originalissima, curata nel minimo dettaglio, assolutamente da provare.

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Pro

  • Ipnotico mix di flipper, Arkanoid e baseball.
  • Esteticamente eccezionale e particolarissimo.

Contro

  • Struttura ostaggio della ripetitività.
  • Gameplay poco versatile.
7.8

Buono

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