Little Nightmares - Recensione

PC PS4 Xbox One

Di Little Nightmares ricorderò per molto tempo quella terribile e angosciante sensazione che nasce dal contrasto tra la bellezza con cui l’ambientazione si presenta nei suoi piccoli e curatissimi dettagli e la sua natura grottesca, deforme, ostile. Le Fauci, una distopica nave prigione che rappresenta l’arca di un mondo di adulti egocentrici (trasfigurati dal proprio delirio di onnipotenza e pronti a far dell’infanzia un sol boccone), è una metafora forte, drammatica, disgustosa, ma tragicamente efficace di una condizione contemporanea che impone spesso ai bambini la necessità di anestetizzarsi al dolore, di abituarsi a vivere in un mondo che non ha nulla che sia fatto a misura della loro piccola innocenza. Sei, minuta bimba di nove anni prigioniera nel cuore della nave, non ha altra scelta che affrontare quel mondo in cui tutto è troppo grande: per fuggire deve crescere, affrontare i suoi incubi e, di fatto, sacrificare necessariamente parte della sua innocenza.

Little Nightmares (il nome originale del gioco era Hunger, profondamente più adatto al senso della fiaba) è una favola gotica e oscura che descrive amaramente come, per affermare la propria identità e la propria libertà, sia necessario coraggio e, soprattutto, cinismo. Il titolo degli svedesi Tarsier Studios riesce a raccontare tutto questo grazie a una messa in scena fantastica e una personalità incredibile, ma, purtroppo, mi ha trasmesso molto meno dal punto di vista del gameplay. Una volta arrivato ai titoli di coda, dopo meno di quattro ore, mi sono chiesto se fossi stato mosso più dalle suggestioni del titolo o da quello che avessi provato pad alla mano e la risposta è stata, inevitabilmente, la prima.

PICCOLI BRIVIDI

Little Nightmares è un platform con elementi di puzzle game che porta alla mente prodotti come Inside, Unravel e tutta la generazione di ibridi che adattano al proprio contesto dinamiche ben radicate nella tradizione. Quello oscuro in cui si trova Sei vira necessariamente Little Nightmares verso elementi stealth e verso la risoluzione di enigmi ambientali basati sulla fisica, oltre che su un minimo di colpo d’occhio e tempismo. L’assenza di interfaccia, dialoghi e qualsivoglia indicazione a schermo (salvo elementi in stile tutorial) permette effettivamente l’immedesimazione con la piccola protagonista, e la scoperta di un mondo terribilmente ostile spesso è affidata a tentativi che non finiscono esattamente bene. Non che Little Nightmares sia un titolo difficile, per carità, ma è la sua natura esplorativa che porta a fare errori, visto che spesso alcune cose vanno necessariamente provate per esclusione, o, banalmente, l’arrivo di un nemico va scoperto sulla propria pelle.

Little Nightmares recensione PS4 Xbox One PC

Little Nightmares è un platform con elementi di puzzle game che porta alla mente prodotti come Inside e Unravel

L’idea alla base è che ognuno dei cinque livelli offra una tipologia di adulto/mostro a cui sfuggire. Dal Guardiano, incapace di vedere ma dotato di lunghe braccia con cui scandaglia l’ambiente e un udito sopraffino, ai Cuochi ben più lesti ma meno svegli, fino all’ultimo nemico, vero boss di Little Nightmares, i diversi cattivi plasmano le dinamiche di fuga e determinano il modo in cui Sei e il giocatore devono approcciarsi all’ambiente. In alcuni casi, dunque, bisogna creare dei diversivi, in altri nascondersi, molto più spesso si devono compiere giri lunghissimi per aggirare la minaccia e trovare una reale via di fuga. Il punto è che, al netto della bellezza dell’ambiente e dell’unicità dei nemici (sia per natura che per look), dopo un’oretta diventa tutto molto facile da leggere e comprendere, soprattutto perché le meccaniche su cui Little Nightmares si regge sono sempre semplici, lineari ed estremamente evidenti. Una delle prime impressioni, parlandone con gli altri manigoldi della redazione che mi chiedevano un parere con entusiasmo (visto e considerato che durante le fiere estive ci eravamo tutti un po’ innamorati dell’atmosfera fiabesca e lugubre del setting), è stata proprio esprimere dubbi sulla lunga distanza: se inizialmente, infatti, temevo che sopraggiungesse la noia dopo qualche ora, il reale problema non è stato la durata, giusta rispetto all’offerta, quanto – forse – che Little Nightmares finisca proprio quando introduce un paio di variazioni che danno ritmo e un twist quasi inaspettato all’intera vicenda.

CAPPUCCETTO GIALLO

È proprio la parte finale, in cui si svela la vera natura di Little Nightmares, che mi è sembrata tragicamente troppo frettolosa e sbrigativa: i riferimenti alle fiabe (Cappuccetto “Giallo” in primis) e ad alcuni miti, che non cito per evitarvi spoiler brutti, diventano chiari e per certi versi ancora più affascinanti della mera cifra estetica, tanto da lasciarmi totalmente privo di coinvolgimento una volta arrivato ai titoli di coda. Ecco, il problema maggiore del gioco di Tarsier Studios è il suo rifugiarsi in maniera fin troppo manierista nella sua cornice estetica, riponendo in essa quasi tutto il suo carisma e finendo per essere un vacuo gioiellino di ispirazione e messa in scena.

Il problema maggiore del gioco di Tarsier Studios è il suo rifugiarsi in maniera fin troppo manierista nella sua cornice estetica

Tra l’altro, proprio la maniacale cura per la resa grafica finisce, a volte, per ostacolare il gameplay. L’avventura è fondamentalmente a sviluppo orizzontale, in una sorta di 2.5D gestito magistralmente grazie a una profondità di campo schiacciatissima, che sfoca immediatamente gli elementi in secondo piano attraverso una logica fotografica parzialmente simile a quella di Unravel. Lo schiacciamento della prospettiva, unito al fatto che, stando sulla nave, c’è sempre un leggero rollio che modifica il campo visivo, a volte rende difficili gli spostamenti e i salti in diagonale, perché risulta complesso calcolare bene le distanze. Si tratta di qualcosa che capita tre o quattro volte nel corso dell’intera avventura e, tutto sommato non è che dia troppo fastidio, ma mi piace citarlo perché dà la cifra di Little Nightmares, ovvero un’opera a cui piace decisamente più mostrarsi che farsi giocare. Poi per carità, le quattro ore scarse sono volate, e lì per lì mi sono anche divertito; tuttavia, tra un paio di apprezzamenti ad alcune soluzioni, due o tre efficaci jumpscare e un colpo di scena, mi è sembrato tutto molto normale e a tratti anche anonimo. Sinceramente, viste le alternative che offre il panorama indie, creare un gioco “normale”, per quanto ispirato, direi che non basta.

Tanto, troppo fumo e ben poco arrosto questo Little Nightmares. Al netto di una cornice estetica splendida, di un setting affascinante e di tematiche suggestive e finanche scomode, il titolo svedese resta prigioniero dei suoi elementi di pregio e finisce per essere un generico platform con enigmi ambientali e contestuali che fa ampio uso di meccaniche lineari piuttosto standard. L’avventura scorre via liscia e in maniera tutto sommato piacevole, ma a conti fatti – proprio quando stava diventando interessante – si è avviata verso una risoluzione fin troppo rapida nei modi, più che nei tempi. Little Nightmares non ha veri e propri difetti, e gli amanti della sua cifra estetica lo troveranno tutto sommato più che gradevole, ma personalmente l’ho percepito come eccessivamente freddo e manierista.

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Pro

  • Esteticamente meraviglioso.
  • Suggestivo per tematiche e tipologia di orrore.
  • Riferimenti “stilosi” a favole e miti.

Contro

  • Meccaniche troppo semplici e lineari.
  • Parte finale sbrigativa e terribilmente “fredda”.
7

Buono

Se serve un tuttofare il buon Mancini è l’uomo da chiamare. La nostra principessa fotografa, usa la videocamera come se fosse un’estensione naturale del corpo e monta video manco fosse in una catena di montaggio. Ah… e scrive anche. Insomma… il classico “bravo guaglione”.

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