The Solus Project - Recensione

PC Xbox One

La prova estesa di The Solus Project mi aveva lasciato piacevolmente colpito. Per quanto il titolo sembrasse essere in qualche modo derivativo nelle meccaniche, non proprio nuove e poco attraenti, tipiche dei survival colonizzatori delle nostre macchine da gioco per diversi anni di fila, il “cuore” sotto il cofano era decisamente vivo e più pulsante che mai. Con lo spirito di un antropologo interessato allo studio di altre forme di vita spaziali, The Solus Project prometteva un’avventura che avesse solo la facciata, la buccia esterna, col sapore della noiosa necessità di sopravvivere in un mondo ostile. Sfogliandolo nell’intimità, il titolo pareva in grado di sussurrare domande pregne e attuali, giocando perfino con riferimenti cinematografici di culto.

UNA CIPOLLA SPAZIALE

Con la versione definitiva in mano, sfoglio anche io questo titolo dalla struttura a buccia di cipolla. L’involucro esterno è, appunto, un pretesto addirittura dozzinale, ma dà l’occasione al giocatore di capire come sia giunto su Gliese-6143-C, il pianeta alieno che fa da sfondo all’avventura.

Il sotto-strato survival è molto basico

Come in ogni film catastrofico che si rispetti, la Terra sta collassando sotto al peso dei numerosi problemi: sovrappopolazione, riscaldamento globale, ogni piccolo intoppo ha ormai portato allo sfinimento e soffocato il pianeta madre. Al fine di preservare la razza umana, ci si è spinti fino al colonialismo spaziale: il progetto Solus punta infatti a trovare un pianeta che sia abitabile; la ricerca, però, è stata infruttuosa e il tempo a disposizione dell’umanità è pericolosamente vicino al grado zero. È proprio sorvolando uno dei posti candidati a sostituire la Terra che il nostro protagonista viene abbattuto da un corpo estraneo che manda in avaria la nave e lo costringe a un atterraggio di fortuna. Da quel momento, con limitate risorse a disposizione, dovrà sopravvivere e ingegnarsi per contattare aiuto.

La sopravvivenza passa attraverso step fondamentali che il gioco, inizialmente, spiega per filo e per segno. Il sotto-strato survival è molto basico e, con l’avanzare dell’avventura, diventerà sempre meno pressante il bisogno di trovare cibo e acqua grazie a una decisa generosità nel dispensare approvvigionamenti. Inizialmente, però, le esigenze impellenti riguardano trovare beni di prima necessità e un posto dove poter riposare, ragionevolmente al sicuro dalle bizze dell’ecosistema alieno. Gliese-6143-C, infatti, al di là dell’apparenza non dissimile dalla Terra, presenta fenomeni atmosferici violenti e imprevedibili come tempeste di fulmini, diluvi di grandine grande come chicchi d’uva o temibili palle di fuoco che cadono dal cielo.

Gli agenti atmosferici, tuttavia, rappresentano solo uno dei pericoli che mettono in difficoltà il protagonista a cui si aggiungono profondissime caverne in cui è difficile trovare punti di riferimento (e dove è facile perdersi e morire di inedia), vegetali rampicanti che allungano tentacoli acuminati per afferrare carne umana e strane forme di vita spugnose che si avventano sul malcapitato. Tutto questo fa da premessa alla rivelazione più incredibile (che giungerà nelle prime fasi dell’avventura): Gliese-6143-C era abitato da una proto-civiltà dotata di intelligenza e di una struttura sociale e fisica non diversa da quella umana.

IL CUORE PULSANTE DELL’UNIVERSO

Nel suo cuore pulsante, The Solus Project unisce due macro-obiettivi da perseguire in un percorso fatto di piccole tappe: la costruzione di una torre radio per segnalare la propria presenza ai colleghi (al fine di farsi recuperare e per segnalare Gliese come pianeta colonizzabile), e l’esplorazione legata alla scoperta della civiltà aliena.

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La possibilità di giocare con un visore VR fa gola

Le due storie sono profondamente intrecciate: trovare i frammenti necessari per assicurare il funzionamento della torre radio significa anche dover rintracciare i rottami dell’astronave caduti sulla superficie del pianeta e, laddove i componenti non bastassero, ricorrere alla tecnologia dei nativi. L’esplorazione unisce quindi l’utile della ricostruzione al fascino incredibile che gli sviluppatori sono stati in grado di imprimere nella vicenda e negli aspetti che caratterizzano Gliese-6143-C. A tal proposito, appare chiara come fonte di ispirazione LOST, la serie ideata da J.J. Abrams, da cui The Solus Project coglie perfino citazioni e omaggi, sposandone la filosofia che pone il mistero come motore della narrazione. Templi, statue antropomorfe e strutture complesse sono parte di un puzzle antropologico che si estende anche alle pitture rupestri, ai geroglifici tracciati sulla roccia e alle testimonianze dei manufatti alieni (utili anche per aumentare statistiche e resistenze del personaggio). Quando la narrazione entra nel vivo, quando vengono svelati i retroscena di una storia violenta e tristemente familiare che ha caratterizzato questo nuovo mondo, The Solus Project riesce a cambiare registro scivolando dalla fantascienza all’horror con grande capacità.

La fascinazione per una cultura aliena molto simile alla nostra, la grande capacità di saper costruire geometrie stranianti ma familiari e l’ottimo senso claustrofobico, trasmettesso nelle peregrinazioni sotterranee, riescono a mantenere sempre alto l’interesse nonostante qualche problema. L’interfaccia non è certo allo stato dell’arte, mentre il sistema di crafting è basilare e costringe a gettare a terra un oggetto per poter interagire con un altro manufatto presente nell’inventario. Inoltre il terzo atto, quello che dovrebbe portare a conclusione la vicenda, prende una rincorsa esageratamente lunga, trascinandosi più del dovuto in una struttura che ricicla soluzioni, enigmi e geografie.

The Solus Project è comunque un titolo davvero interessante capace di regalare a ogni amante di fantascienza un’esperienza difficile da dimenticare. La possibilità di giocare l’intero titolo con un visore VR, poi, fa ancora più gola ai pochi fortunati possessori di un pezzo di futuro e che, in questo caso, godono della mia più grande invidia. Se avete sempre sognato di fare gli antropologi spaziali, come gli scienziati di Prometheus che partono alla ricerca dalla genesi umana, allora recuperate al più presto questo titolo.

Un viaggio incredibile alla scoperta della storia e della geografia di Gliese-6143-C. Il fascino del pianeta alieno e, soprattutto, la cura con cui viene raccontata la vicenda alla base dell’estinzione dei nativi, mantengono alto l’interesse in un titolo che si fa comunque perdonare i problemi legati a una interfaccia non tanto comoda e al terzo atto fin troppo lungo. L’attrattiva per l’antropologia spaziale non conosce limiti.

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Pro

  • Fascinoso e pieno di chicche.
  • Gliese-6143-C è un posto che difficilmente dimenticherete.

Contro

  • L'interfaccia, a volte, è davvero scomoda.
  • La componente survival è davvero ai minimi termini.
8

Più che buono

Avete presente quelle persone che sembrano un po’ ciula, ma poi non lo sono affatto? Ecco… non è il caso di Fabio, battezzato in tanti di quei modi da fare il giro (scegliete voi tra De Luigi, Stefano Accorsi o Stanis). Per lo meno ci mette l’anima, nonostante proprio non gli riesca di pronunciare “pala eolica” come a tutti i comuni mortali.

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