Mighty No. 9 - Recensione

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Il piccolo androide Beck, protagonista di Mighty No. 9, porta sulle spalle un paio di responsabilità non da poco: da una parte l’impegno di riportare la pace in una nazione piombata in una sorta di anarchia robotica, dall’altra le speranze della neonata Comcept di Keiji Inafune. Un nome, quest’ultimo, che lascia presupporre certe garanzie: Inafune San è infatti il co-creatore dell’universo di Mega Man, una saga sulla quale Capcom non voleva più scommettere, impressa tuttavia nel cuore e nel silicio dei videogiocatori più attempati. Quale uomo migliore, dunque, al timone di una nuova IP in grado di recuperare l’eredità del blue bomber, creata ascoltando i consigli dei fan con una campagna Kickstarter terminata in appena due giorni?

MEGA RICICLO

Un virus informatico sta facendo impazzire tutti i robot del mondo, a parte uno. Beck è il nono e ultimo prototipo della serie Mighty Number, androidi multifunzione creati dall’eccentrico dottor White, a quanto pare misteriosamente immune all’ondata di follia che ha investito i suoi fratelli. Incipit banale a parte, Mighty No. 9 non fa dubitare neppure un istante riguardo la sua ispirazione piazzando, da subito, una serie di familiari cliché.

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Sembra che Comcept abbia dimenticato uno dei punti di forza dei primi Mega Man, ovvero il desiderio della scoperta

A parte l’ovvio parallelismo tra Beck e Mega Man, i Mighty Number fanno le veci dei Robot Master del dottor Wily, e l’addetta alle comunicazioni Call è ricalcata sul personaggio di Roll in un universo nuovo di zecca che, paradossalmente, sa di già visto sin dalle primissime battute. Sembra quasi che Inafune e il suo staff si siano impegnati in tutti i modi per replicare la struttura dei primi Mega Man, tanto da scordarsi di infondere una personalità propria alla loro creatura, confezionando un prodotto cucito su misura per i fan che passavano i pomeriggi finendo a ruota Mega Man 2 senza però osare qualcosa di più. Basta affrontare una manciata di livelli per rendersi conto di quanto generica sia la visione di Comcept, con salti e piattaforme disposti in maniera tanto familiare quanto scontata e poco memorabile. Forse l’unico stage originale è il Campidoglio alle prese con Countershade (alias Mighty Number 8), un cecchino robot che tiene sotto tiro Beck per l’intero scenario e va stanato intuendone la posizione in base alla provenienza dei colpi, esplorando liberamente stanze e corridoi per poi costringerlo allo scontro finale. I rimanenti livelli sono invece la fiera del déjà vu, con una serie di ambientazioni banali e prevedibili. Sembra che Comcept abbia dimenticato uno dei punti di forza dei primi Mega Man, ovvero il desiderio della scoperta, la fiamma che ti faceva scendere a patti con un livello di difficoltà ripido per gustare chissà quale prelibatezza grafica o trovata originale. Non per nulla i lupi meccanici dello stage di Wood Man o il gigantesco pesce lanterna in quello di Bubble Man figurano meritatamente tra i più iconici momenti dell’era NES, elementi davanti ai quali rimanevi a bocca aperta e mostravi con orgoglio agli amici. Qui uno dei pochi momenti sopra le righe lo si vive saltando da un veicolo in corsa all’altro nello stage di Brandish, praticamente il Proto Man della situazione. Un’idea resa popolare da Crime City di Taito nel 1989, riciclata in GG Shinobi 2 di SEGA e tanti altri giochi dell’epoca. Si potrebbe chiudere un occhio se la mancanza di originalità fosse almeno bella da vedere, ma a quanto pare i continui ritardi non hanno giovato particolarmente al gioco, che presenta in determinate situazioni alcuni rallentamenti assolutamente improponibili su una PS4, al netto di un dettaglio dei fondali decisamente povero. Almeno la giocabilità è al suo posto: se un modder goliardico sostituisse il modello di Beck con quello di Mega Man, il gioco potrebbe passare senza problemi per un nuovo capitolo della saga ispiratrice. Non so se sia un bene o un male, a questo punto.

THE POWER BATTLE

Alla fine della fiera, la cosa più divertente è lo scontro contro gli altri Mighty Number. Anche qui la sensazione di già visto è notevole, con il protagonista capace di conquistare e successivamente utilizzare le abilità dei fratelli sconfitti e rinsaviti, ma il duello robotico viene reso più interessante dall’unica novità introdotta da Comcept. Beck può infatti colpire gli avversari per poi debilitarli e assorbirne il Xel (la materia con cui sono costruiti i robot nell’universo di Mighty n. 9) “attraversandoli” con uno scatto.

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Purtroppo la festa dura poco, perché Mighty n. 9 si rivela un gioco piuttosto breve

Il Xel inglobato può, a seconda del colore, potenziare l’attacco, la difesa, la velocità o addirittura garantire una riserva energetica da attivare a piacimento per fare il pieno di punti ferita nei momenti più difficili. Negli scontri con i boss, Beck deve essere rapido, perché i nemici vanno debilitati più volte giacché recuperano velocemente l’energia persa mentre sono in questo stato, opponendo al piccolo vampiro robotico una strenua resistenza grazie a schemi d’attacco vari e interessanti, che mutano mano a mano che lo scontro si avvicina al termine. Come da copione certi boss sono vulnerabili a determinati poteri, solo che stavolta ci hanno tolto anche il piacere della scoperta. Ogni livello è infatti preceduto da un briefing dove eventualmente apparirà uno dei Mighty Number precedentemente sconfitti; in quei casi il robot in questione si paleserà durante l’azione per dare una mano a Beck in particolari momenti, e l’arma da lui ereditata si rivelerà puntualmente la più efficace contro il boss di turno. Purtroppo la festa dura poco, perché Mighty n. 9 si rivela un gioco piuttosto breve, con soli tre livelli extra da affrontare dopo aver riportato alla ragione gli altri Mighty Number. Non anticiperò nulla per evitare di rovinarvi la sorpresa, sappiate solo che a un certo punto avrete a che fare con una spruzzatina di azione stealth, prevedibilmente fuori luogo in un arcade che fa dell’azione vecchio stampo il suo punto di forza. Una volta assistito ai titoli di coda, quel che resta sono i livelli di difficoltà avanzati e una nutrita serie di prove d’abilità con cui competere per il controllo della classifica mondiale, che vanno dalla sopravvivenza all’attraversamento di un percorso a ostacoli nel minore tempo possibile. Alcune prove possono essere affrontata anche in co-op, ma al momento non ho incontrato nessuno online con cui saggiare la bontà della connessione.

Non sono impressionato: Mighty n. 9 è stato rimandato parecchie volte ma, nonostante il ritardo, si presenta all’appuntamento con i suoi backer in una forma non proprio smagliante. È un gioco assai derivativo che offre un’avventura destinata a fare la felicità dei fan di Mega Man e degli speedrunner in generale, vista l’abbondanza di bonus elargiti attraversando i vari checkpoint nel minor tempo possibile, ma rischia di venire dimenticato altrettanto velocemente a causa della scarsa longevità e di una realizzazione tecnica decisamente spartana. Se le avventure di Mega Man vi mancano da morire fateci un pensiero ma, allo stesso tempo, assicuratevi di aver finito da cima a fondo omaggi di ben altra caratura come Shovel Knight o Azure Striker Gunvolt.

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Pro

  • Un nuovo capitolo di Mega Man, anche se camuffato.
  • Ippo Yamada e Manami Matsumae alle tastiere regalano sempre emozioni.

Contro

  • Tecnicamente spartano.
  • Finisce in un lampo.
  • Originalità non pervenuta.
6.8

Sufficiente

Il retrogamer della redazione, capace di balzare da un Game & Watch a un Neo Geo in un batter di ciglio, come se fosse una cosa del tutto normale. Questo non significa che non ami trastullarsi anche con giochi più moderni, ma è innegabile come le sue mani pacioccose vibrino più gaudenti toccando una croce digitale che una levetta analogica.

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