Far Cry Primal - Recensione e Videorecensione

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Per guardare la nostra videorecensione di Far Cry Primal clicca sul tasto play qui sopra.

Far Cry Primal mi ha convinto a clavate in faccia, vincendo resistenze tutt’altro che marginali. Personalmente avevo forti dubbi sullo scenario, mi piaceva l’idea dello sviluppatore di attenersi alle possibilità dell’epoca – la Terra d’inizio Mesolitico – ma al contempo avevo paura che bastonate sui denti, bestie feroci e crafting non sarebbero riusciti a offrire un impianto d’azione e sandbox abbastanza articolato. A conti fatti, invece, la serie Far Cry non solo si adatta benissimo al contesto di Primal, con diverse caratteristiche già esplorate nei capitoli precedenti, ma lo porta in territori più vari di quanto altri videogiochi potrebbero fare, magari imponendo una vera crescita di ruolo o restando noiosamente fedeli alla verosimiglianza (prei)storica.

L’accento viene posto sulla silenziosità del nostro Takkar, maestro delle belve del popolo Wenja, e ovviamente sulla sensazione di libertà che la saga ha sempre offerto e che qui, in mezzo ai bruti, a belve e a una lingua preistorica inventata ma efficace, riesce a guadagnarsi diversi tocchi d’originalità. Prima di provare Far Cry Primal avevo quasi desiderato l’improvviso e inverosimile ingresso in scena dei dinosauri, con una libertà narrativa di appena 65 milioni di anni, ma alla fine mi sono ricreduto: il 10.000 A.C. è già divertentissimo così.

ULL IL DISTRUTTORE

Le caratteristiche di base sono quelle che avete potuto leggere in più occasioni, compresa TGM cartacea e preview online, che vi invito a leggere prima di proseguire oltre cliccando qui, visto che darò per già apprese da voi le informazioni generali su Far Cry Primal e sulla sua struttura. Il nostro Takkar si trova nel bel mezzo di una guerra territoriale fra la sua gente, i Wenja, e altri popoli che vivono nella vasta e cangiante terra di Orus, con il suo cuore verde stretto tra il gelo del nord e le fiamme delle… Beh, questo dovrete scoprirlo da soli, anche se potete immaginare l’importanza del fuoco non solo per la storia, ma anche per la consueta facoltà di infiammare mezzo mondo. Caccia alle bestie feroci e crafting ci rendono progressivamente più forti, al fine di affrontare guerrieri Uddam (simili all’uomo di Neanderthal, in realtà scomparso decine di migliaia di anni prima), Izili sempre più potenti e bestie feroci più resistenti. Nuove zone dell’enorme mappa diventano poi accessibili attraverso la creazione di un “rampino preistorico” o, più avanti, di indumenti che possano proteggerci nelle aree più fredde. E ovviamente c’è la facoltà del gufo, fra le feature più strombazzate di Far Cry Primal, che sfrutta il tipico misticismo un po’ caciarone della serie per farci controllare il pennuto per esplorare meglio l’ambiente, oppure per colpire tatticamente l’avversario con rudimentali ordigni (a base di pozioni o api incazzate) e attacchi in picchiata, a patto di sbloccare le apposite abilità dello sciamano.


L’accento viene posto sulla silenziosità del nostro Takkar, maestro delle belve del popolo Wenja

Tutto questo – per entrare nello specifico – è legato a un sistema di crescita connesso fortemente all’esplorazione e alla trama. Basilare è la conoscenza progressiva dei “maestri”, dei rami di oggetti e abilità che gli stessi personaggi possono aprire e delle zone in cui vivono, con percorrenze piuttosto lunghe tra l’uno e l’altro. Opportunamente, Ubisoft ha deciso di stendere presto sul tavolo alcune delle carte più carismatiche, con il controllo del suddetto rapace e, nel corso delle prime missioni, con la capacità di addomesticare le belve o saltarci in groppa – per far danni con fauci e zanne attraverso la levetta destra, oppure con clava, lancia o frecce dal dorso dell’animale stesso. Le AI degli animali sono piuttosto ben fatte, con precise catene alimentari e la tendenza ad attaccare in gruppo per determinate specie, oppure a defilarsi quando le ferite riportate in uno scontro sono gravi. Ogni bestia ha determinate caratteristiche di velocità, forza e silenziosità, imita i movimenti del giocatore (a suo modo, ovviamente…), ed è possibile impartirgli un paio di ordini semplici ma funzionali, per attaccare un nemico, un altro animale o spostarsi in un determinato punto. Il loro manto più o meno raro può inoltre essere usato per tutta una serie di upgrade, dai primi strumenti fino alle armi di alto livello, come una bella mazza a due mani o un arco che può scoccare due frecce alla volta, ad esempio, per trasformare Takkar in una specie di Conan il Barbaro dell’era preistorica.

PREISTORIA CRAFTABILE

La pratica venatoria è legata a doppio filo al crafting, naturalmente, insieme alla ricerca di piante e radici che può essere via via affinata con le skill. L’impostazione di Far Cry Primal tende comunque a non dare eccessivi grattacapi al giocatore, con una scorta che viene giornalmente rimpinguata nel nostro villaggio e con la possibilità di accedervi da tutte le posizione conquistate, peraltro mai troppo vicine agli obiettivi. Tra un accampamento e l’altro possiamo trovare parecchie divagazioni che, tuttavia, hanno sempre uno scopo pratico e un’importantissima retribuzione in termini di punti esperienza, risorse e premi vari. E poi abbiamo le missioni secondarie, affidateci da alcuni personaggi e piacevolmente caratterizzate sulle loro specializzazioni, la conquista di pire/campi nemici per nuovi punti di ristoro e salvataggio, le pericolose caverne da esplorare e, ancora, il salvataggio dei Wenja in eventi random, per aumentare la popolazione del villaggio e accedere, così, ad altre diramazioni delle abilità. Aspettatevi l’esaltazione della già citata vena mistica di Far Cry, qui particolarmente efficace nel metterci nel corpo di animali o potenti nemici, o anche solo nel giustificare il potere dell’Istinto che, come visto più volte, può evidenziare tracce e prede sulla visuale.

far cry primal

Per quanto si notino tante variazioni a cose già viste, il lavoro degli sviluppatori sembra essere stato paradossalmente più incisivo rispetto al passato

A patto di scegliere la giusta difficoltà, Il livello di sfida si fa piuttosto elevato dalla metà gioco in poi, ed è bene affrontare gli scontri più importanti con la giusta quantità di risorse, tornare a cercarle in caso di fallimento e, per evitare eccessivi sbattimenti, affidarsi il più possibile alle soluzioni stealth. Questo non trasforma certo Far Cry in un vero survival – anzi, l’identità sandbox è più forte che mai – ma dona alla personalizzazione di Takkar uno scopo pratico sempre evidente, specie quando inizierete a spostarvi nel nord e in tutte le altre aree a difficoltà elevata. In questi casi l’indicatore dell’assideramento si va ad aggiungere alla potenza di alcune belve – come le tigri dai denti a sciabola o gli orsi – alla comparsa di nemici corazzati negli accampamenti ed, eventualmente, alla maggiore pericolosità nelle ore di buio. Ovviamente, le notti di Far Cry Primal non hanno moltissimo a che fare con Dying Light, ma sfruttano comunque l’idea di un ciclo quotidiano diversificato per rendere più intrigante il gameplay, con annessa possibilità di riposare negli appositi giacigli per arrivare alla fine o all’inizio del giorno. Al calare del tramonto gli animali feroci vanno a caccia, e andarsene in giro senza un potente pet diventa molto più pericoloso, con il beneficio di una maggiore quantità di XP e prede ambite da collezionare. Questo è uno dei motivi d’importanza del fuoco, ché può essere usato per illuminare il cammino, riscaldarsi o – perché no – dare alle fiamme un intero campo nemico.

MESOLITHIC PARK

Quel che mi è meno piaciuto di Far Cry fa parte dei difetti congeniti del genere, ovvero il fatto di offrire fin troppo chiaramente qualsiasi elemento e, dunque, di affievolirne un poco il fascino. Tuttavia, per quanto si possano individuare tante variazioni a caratteristiche già viste, il lavoro degli sviluppatori sembra essere stato paradossalmente più incisivo rispetto al passato, lasciandoci per davvero il desiderio di scoprire cosa si trova oltre una montagna, oppure nelle profondità di una caverna immersa nei miasmi tossici. I personaggi si relazionano tra loro per scopi chiari e senza fronzoli, per la sopravvivenza e il potere, e i momenti più importanti sono sottolineati da notevoli spettacoli visivi, oltre che da un’atmosfera pregna di pathos.

Non chiedete a Far Cry Primal di essere troppo puntigliosamente realistico nei dettagli

Una parte importante del lavoro viene svolta dall’impianto grafico, al punto che sono proprio curioso di scoprire come e quanto migliorerà l’impatto visivo su PC, con le sue belle tonalità al passaggio delle ore, gli altrettanto piacevoli effetti di luce, i volti ben realizzati e tutto il resto. È vero che indicatori e icone possono stridere con la purezza dello scenario naturale, ma è comunque possibile eliminare parzialmente o del tutto le informazioni a schermo, lasciando libera la splendida visuale (in effetti ho giocato così per buona parte del tempo). Magari, ecco, non chiedete a Far Cry Primal di essere troppo puntigliosamente realistico nei dettagli, dall’aspetto stiloso degli uomini primitivi, in particolare le donne, fino a Takkar che accende torce e frecce in una frazione di secondo, oppure resuscita gli animali con un paio di foglioline. Gli potete invece chiedere di essere avvincente, di divertirvi senza momenti di stanca per una buona quindicina di ore: ecco… in questo mi è sembrato bravissimo.

Se potessi riavvolgere le lancette, non di 12.000 anni ma di qualche mese, il mio gradimento per gli ultimi giochi Ubisoft mi stupirebbe alquanto. Mi ha sostanzialmente deluso Rainbow Six Siege, sul quale riponevo un sacco di speranze, e mi è invece piaciuto un sacco questo Far Cry Primal, nonostante avessi guardato con enorme diffidenza al suo scenario e alle possibilità del gameplay. Queste ultime sono in gran parte le stesse, rispetto ai titoli precedenti, ma la loro selezione e il loro uso hanno sortito risultati di notevole livello, per come la trama mi ha preso e per quanto divertimento è riuscita a darmi la Terra del Mesolitico. È per certi versi il solito parco a tema action-open world, e tuttavia la libertà tipica della serie può esprimersi qui al massimo delle sue potenzialità, senza sprecare energie nel multiplayer e concentrandosi invece su uno storymode longevo e intrigante, con uno scenario libero da qualsiasi architettura, ancora più maestoso e sempre bello da vedere. Per certi versi, l’Urlo Lontano non poteva che condurci qui.

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Pro

  • Molto più vario e divertente del previsto.
  • Crafting ben caratterizzato.
  • Notevole spettacolo visivo.
  • Giustamente impegnativo nei passaggi salienti.

Contro

  • Lo schema dello storymode è per certi versi elementare.
  • Alcune semplificazioni dello scenario strappano il sorriso.
9

Ottimo

Marietto è così dentro alla sci-fi che non riesce a trovare la strada per uscirne. Per lui i videogiochi sono proprio questo, una porta per accedere a un pezzo di fantascienza che si realizza qui e ora, senza aspettare la fine del mondo.

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