Assassin's Creed Chronicles: Russia - Recensione

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A distanza di solo un mese dal parzialmente deludente capitolo ambientato in India (recensito nel numero di TGM che trovate adesso in edicola), Assassin’s Creed Chronicles chiude il suo ciclo narrativo con l’episodio ambientato nella Russia rivoluzionaria. L’epilogo della mini-saga di Climax si rivela essere l’apice qualitativo della serie, ma non c’è troppo da essere sorpresi, visto che a disposizione dello studio britannico c’era uno degli assassini migliori dell’intero universo del Credo, Nikolai Orelov.

LA FORZA DELLA COMPASSIONE

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Protagonista dei fumetti Chain e Fall, Orelov è geneticamente collegato a Daniel Cross, personaggio estremamente importante per la saga che avevamo visto per l’ultima volta in Rogue. È proprio dallo sfortunato capitolo americano che ritorna uno dei temi portanti dell’ultimo episodio di Chronicles, ovvero il dubbio: a differenza degli assassini che siamo abituati a conoscere, Orelov è disilluso e non è più un fermo sostenitore dell’ordine, soprattutto dopo aver assistito a un tragico e controverso evento a Tunguska. La coscienza e la maturità gli suggeriscono di terminare la sua vita da assassino e fuggire verso gli Stati Uniti con la propria famiglia: quello che giochiamo in questo episodio è uno dei suoi ultimi incarichi per gli incappucciati, e il tormentato punto di vista sulla Rivoluzione e sulla battaglia tra Assassini e Templari è cruciale per lo snodo narrativo di ACC:R.

Orelov è un assassino disilluso, e non è più un fermo sostenitore dell’ordine

Proprio il plot è la prima piacevole sorpresa dell’episodio, che finalmente chiude il cerchio sulla vicenda del manufatto dei Precursori, custodito illo tempore da Ezio Auditore, assumendo dei contorni più definiti. Nulla di epocale per gli equilibri della saga, certo, ma almeno si ha un senso di compimento e, soprattutto, una vicenda che spinge ad andare avanti con interesse, se non altro per il bel legame che si crea tra Nikolai e Anastasia, erede di Nicola II, salvata dall’assassino durante la ricerca del prezioso scrigno che ci ha portato precedentemente in China e in India. La sorpresa più grande, però, è che il rapporto tra i due si costruisce in maniera vivida durante il gioco, dal momento che la novità del capitolo sovietico è proprio la possibilità di controllare entrambi i protagonisti. Così come in Syndicate, la scelta del doppio personaggio si rivela vincente, grazie a un’ottima caratterizzazione che rende l’assassino e la principessa complementari e diversi da giocare.

LA FORZA DELLA SINERGIA

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La gabola inventata da Climax per trascinare l’ignara principessa nel torbido e sanguinario gioco tra Templari e Assassini ai tempi della rivoluzione bolscevica è il suo particolare rapporto con il manufatto dei Precursori, che non vi svelo per evitare spoiler, che mette la ragazza nelle condizioni di essere un personaggio giocabile potente, grazie ai poteri dell’Helix, ma inesperto. A compensare l’acerba esuberanza di Anastasia c’è la matura esperienza di Nikolai, che non è dotato dei poteri speciali già visti nei precedenti episodi, ma può fare affidamento sul suo fucile, su un verricello capace di condurre l’elettricità e sulle solite, preziosissime, bombe fumogene. L’introduzione della tecnologia novecentesca, tra l’altro, è la base su cui si costruiscono una serie di dinamiche di gioco totalmente nuove, collegate all’uso di ascensori, pannelli elettrici, mezzi di locomozione e via dicendo, che cambiano completamente le carte in tavola rispetto ai due episodi asiatici.

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Se a questo aggiungiamo un level design che sfrutta finalmente in maniera sublime le due dimensioni e mezzo e ci porta nel cuore degli edifici di una splendida Russia rivoluzionaria, diventa lapalissiano il fatto che Climax abbia trovato la quadratura del cerchio dello spin-off proprio nelle possibilità tecnologiche e architettoniche dell’era moderna. ACC:R è un titolo vario, divertente e complesso, che riprende in maniera intelligente il trivio stilistico che ha caratterizzato tutta la serie Chronicles e che permette di giocare sia in maniera prevalentemente stealth sia azzardare approcci un pochino più diretti, e lo adatta finalmente alle caratteristiche dei due personaggi.

Orelov è un assassino disilluso, e non è più un fermo sostenitore dell’ordine

Il risultato è che lo stealth è sempre assolutamente consigliato, ma come nel capitolo cinese è possibile ingaggiare i nemici in maniera intelligente sfruttando l’ambiente e le coperture senza ricorrere al forzatissimo sistema di combattimento di India. In questo senso, questo capitolo si stacca dalla similitudine con Prince of Persia e strizza molto di più l’occhio a Mark of the Ninja, perdendo dunque velleità platform per dedicarsi di più allo stealth più puro e radicale. La cosa funziona, soprattutto nelle missioni in cui alterniamo il controllo di Nikolai e Anastasia, a mani basse le migliori del lotto sia per ritmo che per divertimento. Nella parte finale il gioco diventa anche molto complesso, ma varca solo in un paio di casi la soglia della frustrazione molesta come, invece, accadeva sovente nel capitolo indiano. In definitiva siamo di fronte all’episodio con più carne a cuocere e che offre la sfida più genuiamente ardua, ma anche quello che può vantare maggiore equilibrio.

LA FORZA DELLA RIVOLUZIONE

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A rendere Russia il punto più alto delle Chronicles è anche la scelta estetica che si rivela la più funzionale delle tre: lo stile scelto da Climax è, ovviamente, quello del costruttivismo e dei manifesti di propaganda sovietici, passato alla storia come vera e propria corrente artistica che riusciva a coniugare il forte messaggio politico a una potenza estetica notevole. Allo stesso modo, i livelli del titolo di Climax sono ineccepibili e rigorosi, estremamente leggibili grazie all’uso di una palette di colori basata su tinte piatte come rosso, bianco, nero e giallo, che permettono al giocatore di identificare in maniera chiara e indistinta gli elementi dello scenario con cui interagire e i pattern d’azione migliore.

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Russia convince per la solidità di ogni elemento presente sullo schermo

Splendidamente stilizzata in alcuni passaggi, come nei confusi tratti scuri con cui viene rappresentata la massa durante la rivoluzione, la grafica di Russia e, in assoluto le scelte estetiche dell’episodio, sono indiscutibilmente l’arma vincente di un gioco che convince soprattutto per la solidità di ogni elemento presente sullo schermo. Come l’arte a cui si ispira, tutto è frutto di una scelta rigorosa e diventa vettore di senso, pronto a comunicare in maniera diretta ed efficace al giocatore. Se la colorata vividezza di India aveva compromesso la giocabilità del capitolo ambientato tra Punjab e Afghanistan, le geometrie esatte e taglienti di Ekaterinburg, Mosca e Kazan rappresentano la misura di quello che deve essere Chronicles: uno spin off di Assassin’s Creed basato sugli elementi della saga più radicali e presentati in forma essenziale, molto più vicina ai titoli arcade che agli artifici degli open world e che richiede un “buon” manico per essere portato a termine. Russia fa esattamente questo, e lo fa al meglio delle possibilità della serie.

Assassin’s Creed Chronicles: Russia concretizza tutto il potenziale mostrato dal capitolo cinese e sprecato da quello indiano. La buona offerta ludica rappresentata dal mix riuscito di elementi platform e stealth si sposa alla perfezione con un ritmo di gioco elevato, un level design estremamente solido esaltato da ottime scelte stilistiche e, finalmente, un contesto narrativo che renderà i fan della saga quantomeno soddisfatti. A completare l’opera ci pensa una colonna sonora degna dei capitoli principali della serie e un buon numero di ore di gioco extra garantite dal new game plus e dalle sfide a tempo, giocabili in maniera del tutto indipendente.

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Pro

  • Due (bei) personaggi giocabili.
  • Esteticamente pregevole.
  • Gameplay solido e sfida notevole.
  • Level design ottimo.

Contro

  • AI non sempre irreprensibile.
  • Episodi isolati di frustrazione gratuita.
8.3

Più che buono

Se serve un tuttofare il buon Mancini è l’uomo da chiamare. La nostra principessa fotografa, usa la videocamera come se fosse un’estensione naturale del corpo e monta video manco fosse in una catena di montaggio. Ah… e scrive anche. Insomma… il classico “bravo guaglione”.

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