PlayStation VR 2 – Recensione

Dopo aver aspettato gli aggiornamenti dell’UX e osservato, specie per Resident Evil Village, la potenziale golosità di questa – praticamente una killer app –  e altre esclusive , è arrivato il momento del giudizio finale a PS VR2. Buona lettura 🙂




Iniziamo da qualche informazione di contesto. Questa prova non arriva da un veterano della prima PS VR; casomai, posso vantare lo stesso status nel quadro generale del gaming in realtà virtuale. Ho aspettato l’arrivo di una vera immersione VR per quasi quarant’anni, ovvero da quando, bambino, ho contemporaneamente giocato a AD&D Treasure of Tarmin per Mattel Intellivision – tra i primi esperimenti di videogiochi in soggettiva della storia – e fruito con gioia di un allucinante visore stereoscopico di inizio secolo, per caso arrivato nel mio in salotto.

PSVR2

A mia madre, vicepreside in un istituto superiore, era stato chiesto di tenere qualche giorno quel magico mobiletto – legno massiccio, metallo e lenti ‘binoculari’ – che permetteva di riprodurre con perfetta tridimensionalità una serie di foto della prima guerra mondiale. Nella mia testa l’esperienza si è unita all’incredibile, primordiale dinamismo dell’ultimo AD&D di Intellivision, fantasticando di un sistema che consentisse di fondere, in un futuro non prevedibile, le due visioni, quando ancora MirrorShades (antologia ‘manifesto’ del Cyberpunk, 1986) non aveva avvolto la mia immaginazione e quella di tutti gli altri ‘flippati’ di sci-fi postmoderna.

Non sono un veterano del primo PSVR, ma ho aspettato l’arrivo della vera realtà virtuale per quasi 40 anni, fruendone su PC appena possibile

Era la realtà virtuale, l’immersione in ambienti simulati, il cui cammino nel mondo, quello vero, si è concretizzato in una forma convincente nemmeno due lustri or sono. Ad oggi non ha avuto l’impatto commerciale che un vecchio appassionato della prima ora si sarebbe aspettato, ai primi vagiti della fantascienza cibernetica, ma è chiaro che è qui per restare.

BASTA LOGORREA, PARLACI DI PS VR2

Quanto detto finora ha maggiore importanza di quel che potrebbe sembrare. Rispetto al primo acerbo passaggio, quello di PS VR del 2014, sono proprio gli standard PC ad aver dettato una parte importante della nuova realtà virtuale per PlayStation 5. Non tutta, però, spesso nel bene e un pochino anche nel male.




Unboxing a parte, una volta caricati i controller con due cavi USB/USB-C (uno è compreso nella confezione; l’’elegante dock di ricarica sarà venduto separatamente) approssimativamente in 15 minuti, al primo uso non ce ne sono voluti nemmeno 10 per entrare totalmente nell’esperienza: vestizione guidata del visore, calibrazione della posizione degli occhi rispetto alle lenti, tracciamento oculare e definizione interattiva dello spazio di gioco. Una volta compiuti questi passi, è perfino difficile calcolare la velocità di utilizzo. Facciamo mezzo minuto rappresentativo? PS5 carica tutto in un fulmine.

Una volta compiuti i passi iniziali è perfino difficile calcolare la velocità di utilizzo, quasi istantanea

Al primo punto, sconsigliamo di indossare il visore prima delle spiegazioni interne al caschetto; appoggiandolo subito al retro della testa, grossomodo in orizzontale, e maldestramente al naso, inevitabilmente si avrà una spiacevole sensazione di scomodità. L’effetto è esattamente il contrario vestendolo correttamente con una sensazione finale di gran leggerezza: PS VR2 ha un pulsante a destra sulla scocca anteriore e una rotellina sul retro dell’archetto per fissare il visore in una posizione dolcemente angolata, rispettivamente sull’arcata degli occhi e nella parte superiore della nuca, con porzioni di morbida gomma ad addolcire ulteriormente il contatto.

Quasi immediatamente si passa al tracciamento della “room scale”, per come veniva chiamata nei pressi del primo HTC Vive: è stata già mostrata, quindi diciamo solo che l’effetto di mappatura tridimensionale di stanza e arredi è davvero scenografico, intuitivamente modificabile e dimostra subito le capacità delle quattro camere anteriori, capaci di rilevare uno spazio davvero ampio grazie alla loro posizione sul design arrotondato del visore.

A lato dell’ottimo effetto scenografico nel definire lo spazio di gioco, ben più innovativo è il sistema di tracciamento oculare

Partendo dalle nostre abitudini, ben più innovativo è il sistema di tracciamento oculare: dopo aver seguito una serie di punti rossi attraverso un paio di regolazioni, qualsiasi movimento della nostra pupilla sarà seguito al millimetro. Al di là della distanza pupillare, anch’essa definita in modo particolarmente preciso, il potenziale di questa tecnologia è lapalissianamente maggiore a quanto visto nei giorni di recensione. La ciccia arriverà nelle UX di giochi e software, accanto alla navigazione tra i menu e lo scaling dinamico della risoluzione che già restituiscono sensazioni piacevoli e inusuali.

PSVR2

Risoluzione, field of view e tecnologia OLED sono già noti per lo schermo binoculare, con 2.000×2.040 punti restituiti in un angolo di visuale di 110° e refresh rate fino a un massimo di 120Hz. Nel primo caso, il numero di pixel a schermo è inferiore solo a caschetti PC di altissima gamma, ben più costosi, mentre il resto si colloca in una fascia qualitativa superiore – anche se non di moltissimo – agli standard ancora ragguardevoli di Meta Quest 2. In particolare, per quanto non percettibile, la risoluzione dinamica coordinata al tracciamento oculare si unisce a HDR, bei contrasti e colori sempre vividi per un risultato che in Horizon: Call of the Mountain ha raggiunto il top della raffinatezza visiva. Impressionante, e ve lo dice uno che di VR ne ha vista davvero tanta.

Horizon PSVR2

D’altra parte, sarebbe addirittura criminale non spendere le giuste parole sul cavo, un serpentello gommato lungo 4,5 metri e non sostituibile, parte integrante del design costruttivo di PS VR2. Fa assolutamente bene il suo lavoro, immagine e bitrate sono sempre perfetti, ma si confronta inevitabilmente con alcuni standard della concorrenza PC, in particolare i modelli Quest, partendo da un limite di fatto non valicabile. Niente wireless, insomma, né ora né mai. Qui si entrerebbe in un panegirico di considerazioni, dalla più banale questione del prezzo a materie molto più complicate, riguardanti i costi di produzione in un’economia globale mutata. Credo, tuttavia, che nel nostro caso interessi solo la prima porzione del discorso.

Il cavo fa bene il suo lavoro per qualità dell’immagine, lontano dagli standard wireless di alcuni sistemi PC che, però, ne avrebbero fatto lievitare il prezzo

A parte la necessità di rete 5Ghz, minimo richiesto dai due Quest, un PC da gioco in grado di restituire buone prestazioni in VR può costare dai 1500 euro in su – se costruito personalmente, come nel mio caso – cifra a cui si aggiunge il prezzo di un visore wireless-ready, che anche senza fare esempi specifici non entrerà in casa vostra a meno di altri 500 euro. Sempre approssimando, la somma di PS5 e PS VR2 dovrebbe invece aggirarsi (attenti ai condizionali, di questi tempi) intorno a 1150 euro. E la scelta del cavo fa parte del contenimento dei costi, naturalmente, optando per l’offerta di altre tecnologie – innovative nel caso del tracciamento oculare o perfettamente nelle corde di Sony per i feedback aptici dei controller. È così, prendere o lasciare.

IMMERSIONE, GIOCHI E… PS VR2 SENSE

In queste ore stanno piovendo giochi PS VR2 da tutte le parti, non riusciamo nemmeno a ripararci. È ovvio e giusto, però, partire da Horizon Call of the Mountain: nella recensione vera e propria troverete i cenni all’universo di riferimento, la storia di un ‘prigioniero scalatore’ che potrà redimersi attraverso una serie di missioni ad alta quota, per una durata di 7-8 ore complessive che possono diventare qualcosina in più se aggiunte agli extra, comunque contenuti. E sì, c’è anche Aloy, ma non vi diremo mai come e perché. Casomai, il primo gioco VR di Guerrilla Games ci interessa in questo contesto perché utilizza praticamente in toto le caratteristiche di PS VR2.

In queste ore stanno piovendo giochi PS VR2 da tutte le parti, non riusciamo nemmeno a ripararci

Possiamo muoverci tra i menu col movimento delle pupille in modo sorprendentemente naturale, usare la stessa tecnologia per un’impressione costantemente 4K, priva di qualsivoglia screen door effect anche per chi ha una vista da 11/10, e soprattutto utilizzare i due PS VR2 Sense nella forma più completa possibile. Il grilletto adattivo dà l’impressione di presa sugli strumenti – ci sono anche picozze e rampini con un minimo di crafting, l’esplorazione in scalata ha un grande ruolo – e dello scoccare frecce con l’arco sui dinosauri meccanici, in un sistema che offre anche la vibrazione sul retro del visore e, a parte questo, in VR assume tutto un un altro peso, nonostante si tratti di caratteristiche già viste – e soprattutto sentite – sui DualSense. Banalmente, l’autonomia dei controller è grossomodo la stessa, anche se ovviamente non è possibile metterli in carica mentre si gioca e, beh, per quanto comprensibile non fa certo parte dei pregi.

Ottimo livello qualitativo per l’audio 3D, assolutamente pazzesco, frutto degli auricolari compresi nella confezione e montati su un archetto da fissare agevolmente sul retro del visore, con cui mi sono già potuto immergere in parecchie esperienze virtuali accanto a quella, già citata, di Horizon Call of the Mountain. Per prima cosa abbiamo provato uno dei giochi (i link qui sotto si riferiscono alle versioni Quest o PC) interni al pacchetto di materiali per la recensione, Star Wars: Tales from the Galaxy’s Edge – Enhanced Edition, insieme a un altro che costituisce il primo titolo di terze parti arrivato in redazione, Jurassic World Aftermath di Coatsink. In entrambi i casi è valido un concetto, lo stesso che si può sbandierare per il ben più ambizioso After the Fall Complete Edition, il cui codice review si è tuffato a bomba nella posta di TGM mentre scrivevo queste righe: in diversi casi, in relazione a Quest nei primi due e anche alla PC VR nel terzo, la versione PS VR2 può godere di un bel numero di contenuti aggiuntivi che, nel frattempo, sono arrivati sulle altre piattaforme. Uno status simile è valido anche le migliorie e gli assestamenti del gameplay in realtà virtuale rispetto alla release iniziali, come per No Man’s Sky.

La maggiore completezza delle esperienze può alzare l’asticella di poco, ad esempio per l’aggiunta della seconda parte dell’avventura stealth Jurassic World Aftermath – comunque piacevolmente fumettosa (poche differenze, quindi, con la versione originale quest) e ben retta dall’IA dei maledetti velociraptor – oppure portare il gioco su tutto un altro livello come nel caso di Star Wars: Tales from the Galaxy’s Edge: i contenuti dell’espansione Last Call non solo hanno completato il gioco, ma hanno addirittura migliorato la sua sostanza e dato un senso compiuto a feature inizialmente abbozzate.




Le vicende del nostro tecnico-mercante continuano a portarci su Batuu nel locale di un (letteralmente) lisergico barista, tra sparatutto e qualche piccolo enigma ambientale, grande gestualità e ottimo design VR negli equipaggiamenti; le altre avventure, invece, sbloccabili interattivamente nelle quest, raddoppiano da due a quattro per un totale di 8-9 ore di durata complessiva, in mezzo ad apprendisti Jedi, androidi assassini e, così, nuove meccaniche di gameplay migliori, a conti fatti, rispetto alle prime missioni. Sotto il piano visivo, poi, quello che già si dimostrava un piccolo miracolo sul processore di Quest viene ben arricchito di texture in altissima risoluzione, un migliore sistema di illuminazione e begli effetti di rifrangenza sulle superfici.




D’altronde, non posso che sbavare su Resident Evil Village VR, modalità infine giunta con un update gratuito alla release di PS VR2. Horizon Call of the Mountain è un gran bel gioco in realtà virtuale, ma a mio modo di vedere si dimostra ‘killer application’ fino a un certo punto. Il confine, come dettagliamo più avanti, pare essere stato di nuovo valicato dalla serie survival horror di Capcom, con caratteristiche ovviamente imparagonabili a quelle di Resident Evil 7 in realtà virtuale.

FAST FORWARD & REWIND

Inizialmente avevo rimandato il voto a PS VR2 per osservare significative variazioni all’UX, arrivate sotto forma di piccole migliorie/aggiunte e non, come immaginavo provenendo da Quest e Steam VR, un ambiente virtuale filtro (camera con vista, sala controllo per un’astronave o qualsiasi altro spazio ‘cool’ vi venga in mente) che incorniciasse con un po’ di sano spettacolo la dashboard e le funzione del tasto PS – comunque capaci di farvi raggiungere facilmente qualsiasi opzione, anche in realtà vistuale. Secondo me arriverà, ma alla fine l’attesa per il giudizio finale ha virato verso i contenuti: poco prima di scrivere queste righe ho provato il free-update VR di Resident Evil Village, con impressioni molto vicine allo status di killer application (che potrebbe riguardare anche il remake di Resident Evil 4, magari con qualche ulteriore attenzione). Metteteci l’altro aggioramento gratuto a Gran Turismo 6 e l’annuncio di ieri che porta i giochi al lancio o programmati a breve a una cinquantina, numero in cui rientra anche l’interessante Hellsweeper, slasher in realtà virtuale un po’ souls e un po’ rogue, sviluppato dagli autori di Sairento – spettacolare gioco di combattimento con cornice cyberpunk – e prodotto dai creatori di Arizona Sunshine e After the Fall.Posto, però, che il quadro dei contenuti inizia a farsi più che buono, è arrivata l’ora di un veloce recap alla ricerca del giudizio finale. Tra i difetti troviamo la durata non stellare delle batterie – benché rapportata a sessioni VR, generalmente ben più brevi rispetto alla normale fruizione di un videogioco – oltre naturalmente al cavo, in grado di restituire l’immagine al top del bitrate ma lontano da alcuni standard PC VR wireless. Qui, ribadisco, va tenuto presente il prezzo complessivo: in soldoni, con PS VR2 l’ingresso nella VR di ‘serie A’ – libera, insomma, di sfruttare un’elevatissima capacità computazionale – costa sempre molto meno della realtà virtuale su computer. Vado controcorrente anche per il design dei controller: personalmente non ho avuto nessun problema durante la gestualità VR, ad esempio in posizione da arrampicata o nel tenere a due mani una pistola – i bordi degli archetti arrotondanti scivolano tra loro, ‘incrociandosi’ tra loro in modo naturale – e neppure per la posizione dei tasti, al di là dell’ovvia e necessaria mappatura mnemonica.

Complessivamente, crediamo che il prezzo valga di molto la candela, pesando bene pregi, difetti e potenzialità

Tra i sicuri pregi c’è tutto il resto: design estetico, bontà e risoluzione dello schermo, scaling automatico agganciato al tracciamento oculare, potenzialità di quest’ultima tecnologia, esperienza audio, precisione di rilevamento anche tattile, feedback aptici dei controller e grilletti adattivi. Per un appassionato di realtà virtuale, a mio modo di vedere, il risultato è imperdibile su PS5 e un po’ meno per chi già fruisce di un sistema prestante di PC VR; in questo quadro, vanno comunque tenute in conto golose esclusive anche gratuite – le ultime creature di Resident Evil su tutte – accanto a una componente tecnologica in parte inedita per il gaming in realtà virtuale.

VOTO: 88

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