Prince of Persia: The Lost Crown – Recensione

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Dopo oltre un decennio di pausa, dimenticato tra le sabbie del tempo, Prince of Persia torna in una veste action platform 2D che si rifà ai migliori metroidvania moderni, ai quali lo stesso The Lost Crown va ora ad aggiungersi.

Sviluppatore / Publisher: Ubisoft Montpellier / Ubisoft Prezzo: € 49,99 Localizzazione: Testi Multiplayer: Assente PEGI: 16+ Disponibile Su: PC (Ubisoft Connect / Epic Games Store), PS4, PS5, Xbox One, Xbox Series X|S, Nintendo Switch Data di Lancio: 18 gennaio 2024

Ubisoft si è assunta un bel rischio nel produrre un videogioco appartenente a una serie così amata quanto quella del Principe di Persia, soprattutto dopo il passo falso compiuto con il remake de Le Sabbie del Tempo, il cui annuncio venne accolto negativamente dai fan, tanto da costringere il publisher a riportare il progetto negli studi di Montreal.




Anche The Lost Crown ha rischiato di fare una brutta fine a causa di quello che personalmente ritengo sia stato un errore di comunicazione davvero grossolano da parte della stessa Ubisoft, che presentò questo nuovo Prince of Persia nel peggior modo possibile: con un trailer dal taglio cinematografico che non faceva capire molto del tipo di gioco che sarebbe stato e un sottofondo musicale del tutto inadatto al “mood” dell’opera. Per fortuna Ubisoft riuscì a riprendersi quasi subito dopo averne mostrato il gameplay, riconquistando pian piano la fiducia dei fan delusi dal primo annuncio. Tra questi mi inserisco anch’io, sia chiaro, anche se ebbi l’occasione di provare il gioco già qualche mese fa così da cambiare idea dopo aver toccato con mano il metroidvania sviluppato in quel di Montpellier. Ora che scrivo queste righe, dopo aver visto i titoli di coda, non posso far altro che confermare le sensazioni positive iniziali.

SULLE ALI DEL SIMURGH

L’avventura di Prince of Persia: The Lost Crown comincia in medias res, buttandoci immediatamente nel bel mezzo dell’azione con un prologo che si svolge al di fuori di quella che sarà il mondo di gioco per le successive venti e più ore. Impersonando Sargon, uno dei sette guerrieri d’élite al servizio della corona persiana – i cosiddetti Immortali, bisogna porre fine alla ribellione del generale Uvishka. Durante il prologo possiamo apprendere le fondamenta del sistema di combattimento e le abilità di movimento di base del protagonista: di fatto è un breve tutorial che culmina con la sconfitta del generale e il successivo rapimento del principe Ghassan.

tocca proprio a Sargon e ai suoi compagni Immortali correre in aiuto del principe

Ghassan viene portato sul leggendario Monte Qaf, dove si trova un’antica città al cui interno il tempo non segue il suo corso naturale, generando anomalie e paradossi di ogni sorta. Manco a dirlo, tocca proprio a Sargon e ai suoi compagni Immortali correre in aiuto del principe, salvarlo dalle grinfie dei suoi rapitori e riportarlo in sicurezza nella capitale. I misteri del Monte Qaf e un’antica profezia, però, si mettono di traverso, per cui quella che comincia come una “semplice” missione di salvataggio si trasforma rapidamente in un’impresa da cui dipende il destino del mondo intero.

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Sul Monte Qaf è facile imbattersi in architetture impossibili.

Ci tengo comunque a mettere subito in chiaro che la trama non è certamente il punto di forza di Prince of Persia: The Lost Crown. Anzi, semmai è proprio l’elemento meno riuscito dell’opera, tra personaggi stereotipati che in alcuni casi non vanno oltre il ruolo di macchiette e una successione di eventi a dir poco telefonata dall’inizio alla fine. Per fortuna, però, tutto il resto si assesta su livelli più che ottimi.

IL TEMPO E LO SPAZIO

A cominciare dal sistema di combattimento che richiama alla mente quello di uno stylish action, piuttosto che uno ben più semplice mutuato da qualsiasi altro metroidvania. Sargon non è chiaramente Dante della serie Devil May Cry, ma la fonte di ispirazione di Ubisoft Montpellier è abbastanza chiara: il ventaglio di mosse del protagonista è sin da subito molto ampio, tra combo a terra, evoluzioni aeree, colpi caricati, parate, contrattacchi e abilità speciali, a cui via via si aggiungono ulteriori mosse legate ai poteri di manipolazione spazio-temporale acquisiti durante l’avventura, nonché alcuni accessori come l’arco da impiegare per estendere le combo aeree, o il chakram che può essere fatto rimbalzare sulle spade gemelle di Sargon con una parata al momento giusto.

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Le mosse speciali e i contrattacchi vengono evidenziati con effetti variopinti.

I combattimenti di questo Prince of Persia, soprattutto quelli contro i boss, risultano così adrenalinici e spettacolari, grazie anche a delle animazioni incredibilmente fluide e a dei pattern di attacco dei nemici sempre leggibili. C’è poi la possibilità di personalizzare il proprio stile di gioco con i vari amuleti raccolti durante l’esplorazione. Questi forniscono nuove capacità passive, per esempio la rigenerazione di un po’ di salute dopo una parata perfetta, oppure un piccolo incremento ai danni corpo a corpo, o ancora la capacità di scoccare frecce infuocate che bruciano i nemici e provocano danni nel tempo, per citarne alcune. Ovviamente non possono essere equipaggiati tutti contemporaneamente, ma bisogna effettuare delle scelte sulla base degli alloggiamenti disponibili, con la possibilità di aumentare gli slot proseguendo con l’avventura.

Il sistema di combattimento richiama alla mente quello di uno stylish action

Allo stesso modo, bisogna operare delle scelte anche per quanto riguarda le abilità speciali legate all’Athra. Questa è un’energia che si accumula colpendo i nemici o parando i loro attacchi, per poi incanalarla in mosse spesso devastanti che se usate al momento giusto possono capovolgere l’esito di uno scontro. Bisogna fare delle scelte, dicevo, perché ne possiamo equipaggiare solamente due alla volta, su un totale di una decina da sbloccare durante il gioco. L’assetto dei poteri dell’Athra e degli amuleti può essere modificato sotto le fronde degli alberi Wak-Wak, ossia i punti di salvataggio disseminati in tutto il Monte Qaf che servono anche a rigenerare tutta la salute e le munizioni di Sargon.

PRINCE OF PERSIA E I SUOI FANTASTICI AMICI

Il protagonista non sarà solo durante la sua impresa: a supportarlo troviamo diversi personaggi secondari pronti a dargli una mano nel momento del bisogno. Tra questi Fariba, una ragazzina che vende mappe del Monte Qaf in cambio di una manciata dei cristalli raccolti dai cadaveri dei nemici, o ancora Kaheva, una divinità nella cui fucina possiamo potenziare le armi e gli effetti degli amuleti; ma non mancano nemmeno altri figuri misteriosi con degli incarichi secondari da affidare a Sargon. Portandoli a termine, infatti, si ottengono ricompense aggiuntive sotto forma di preziosi potenziamenti della barra della salute, amuleti e cristalli.

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Trovando questa ragazzina nei diversi biomi possiamo acquistare la mappa del livello.

Come ogni buon metroidvania che si rispetti, poi, non mancano segreti nascosti dietro pareti illusorie, enigmi ambientali le cui soluzioni spesso necessitano di fermarsi più di qualche secondo a riflettere, ma soprattutto delle sfide di platforming davvero ben fatte. Ecco, personalmente ritengo che la parte più riuscita di The Lost Crown siano proprio tutte quelle sezioni che fanno leva sulle capacità atletiche del protagonista, richiedendo al contempo una buona dose di coordinazione al giocatore, il quale deve districarsi tra spuntoni acuminati, aste sulle quali far volteggiare Sargon, salti precisi, seghe circolari, piattaforme semoventi, e molto altro ancora, spesso tutto racchiuso nello stesso livello.

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Meglio imparare fin da subito a fare la conoscenza con gli spuntoni acuminati: il Monte Qaf ne è pieno.

D’altronde stiamo pur sempre parlando di Ubisoft Montpellier, lo studio dei vari Rayman, per intenderci. Non stupisce che molte delle persone che hanno lavorato a quei gioielli di game e level design di Rayman Origins e Legends abbiano realizzato Prince of Persia: The Lost Crown, e che quest’ultimo faccia proprio del platforming il suo asso vincente.

LA LEGA ARCANA DI PERSIA

Non stupisce nemmeno che l’ultima fatica dello studio occitano si dimostri una vera gioia per gli occhi, nonostante un comparto tecnico tutto sommato modesto in quanto a resa visiva nuda e cruda, a dimostrazione del fatto che va benissimo anche una grafica non al top se è supportata da una direzione artistica di prim’ordine, come avviene in questo caso.

l’ultima fatica dello studio occitano è una gioia per gli occhi

I vari biomi del Monte Qaf, più di una dozzina, sono tutti caratterizzati da fondali ricchi di dettagli e architetture precedenti all’islamizzazione della Persia, tra enormi statue raffiguranti divinità bovine, giardini pensili e marchingegni misteriosi. Va poi detto che gli sviluppatori hanno optato per uno stile di sicuro non originale ma che finora non abbiamo mai visto in un videogioco, perlomeno non in un titolo a budget medio-alto come questo. Lo stile non risulta originale perché appaiono palesi le ispirazioni tratte da Arcane, la serie animata di League of Legends, sia negli intermezzi dal taglio cinematografico, sia durante le animazioni di alcune mosse speciali di Sargon e dei boss.

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È possibile scattare degli screenshot da fissare sulla mappa, così da ricordarsi dove si trovano oggetti in quel momento non raggiungibili.

È uno stile che funziona e contribuisce a dare una personalità marcata a Prince of Persia: The Lost Crown, sebbene non escludo che qualcuno possa avere una sensazione di déjà vu durante le sue escursioni sul Monte Qaf in compagnia di Sargon. Al di là di tutto, però, all’opera di Ubisoft Montpellier non mancano certo idee brillanti che fanno leva proprio sulla direzione artistica e sulla comprovata creatività dello studio, come un’intera sezione che si svolge in un mare in tempesta congelato nel tempo a causa di una maledizione, con tanto di navi in frantumi su cui saltare e fulmini bloccati nel momento della caduta da evitare per non rimanerci secchi. The Lost Crown è dunque la cosa migliore che potesse accadere alla saga di Prince of Persia da quindici anni a questa parte; ma al di là di questo, è un’opera di qualità creata con maestria da uno degli studi più talentuosi della scuderia Ubisoft, a dimostrazione del fatto che il publisher francese dovrebbe uscire più spesso dalla sua zona di comfort e lasciare che gli sviluppatori sperimentino nuove formule di gioco per i suoi franchise. Soprattutto se poi i risultati sono così ottimi.

In Breve: Prince of Persia: The Lost Crown è un metroidvania che di sicuro non reinventa la ruota, ma fa tutto quello che deve nel migliore dei modi. O meglio, quasi tutto: purtroppo la trama è trascurabile e i personaggi hanno lo stesso carisma di una pozzanghera. Al di là di questo, però, la struttura del mondo di gioco è molto articolata, il sistema di combattimento è molto più profondo rispetto alla media del genere, e il platforming rasenta l’eccellenza. Un ritorno in grande stile per uno dei franchise più amati di sempre.

Piattaforma di Prova: Ryzen 5 3600X, 16 GB RAM, RTX 4060Ti, SSD Nvme / Steam Deck
Com’è, Come Gira: Giocato a 2560×1440. Sulla configurazione utilizzata il gioco gira in maniera eccellente a 120 FPS granitici con le impostazioni grafiche al massimo. Durante le oltre 20 ore di gioco non ho riscontrato alcun bug.

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Pro

  • Platforming eccellente. / Sistema di combattimento sfaccettato. / Direzione artistica di prim’ordine.

Contro

  • Trama non pervenuta. / I personaggi sono delle macchiette. / Graficamente modesto.
8.5

Più che buono

Le leggende narrano che a Potenza ci sia un antro dentro al quale vive una misteriosa creatura chiamata Alteridan. In realtà è solo il nostro Daniele, che alterna stati diurni di brillantezza ad altri notturni dove i suoi amici non hanno ancora capito che non conviene fargli assumere troppo alcol.

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