Momodora: Moonlit Farewell – Recensione

PC

Certo che questo villaggio di Koho è proprio scarognato! In Momodora: Moonlit Farewell, infatti, siamo ben alla quarta volta in cui le sue sacerdotesse devono darsi da fare per proteggerlo da morte e distruzione, armate solo di una foglia (magica, per carità).

Sviluppatore / Publisher: Bombservice / Playsim Prezzo: 16,49€ Localizzazione: Testi Multiplayer: Assente PEGI: ND Disponibile Su: PC (Steam) Data di lancio: 11 gennaio

Quella di Momodora è una serie di metroidvania di lunga data, visto che la sua prima apparizione risale al 2010; i quattro giochi finora usciti (tre della serie principale, più il prequel Reverie Under the Moonlight), se da un lato non hanno certo sfondato quanto è riuscito a fare un Hollow Knight a caso, dall’altro di sicuro hanno dimostrato di avere anche loro qualcosa da dire.




Ed è qui che la storia inizia ad avvilupparsi: prima, il creatore brasiliano Guilherme Melo Martins (in arte rdein) ha sondato il terreno per una riproposizione in 3D di Reverie; poi, una volta comprensibilmente resosi conto della difficoltà dell’impresa, ed essersi scontrato con la reazione ostile di tanti fan, è tornato al 2D ma con un netto cambio stilistico concretizzatosi nel discreto Minoria; infine, ha deciso di riprendere in mano la pixel art che tanta fortuna gli ha portato. E così arriviamo a Momodora: Moonlit Farewell.

ADDIO AL CHIARO DI LUNA

L’inizio della storia è di quelli più classici: le due sacerdotesse Momo e Dora stavano vivendo la loro vita tranquille e beate nel loro pittoresco villaggio all’ombra di un enorme albero sacro benedetto dalla luce della luna quando all’improvviso tredici fatali rintocchi di campana hanno causato l’apparizione di demoni pronti a causare scompiglio e sconquasso. Tocca a Momo, con Dora in funzione di comprimaria, darsi all’esplorazione per cercare di capire che è successo e porre fine a questa invasione, armata della tradizionale foglia magica e di un arco dalle infinite frecce. La struttura di gioco, come nei predecessori, è quella tipica dei metroidvania, con elementi molto leggeri di platforming: mano a mano che proseguiremo nell’avventura otterremo vari potenziamenti – come ad esempio i classicissimi doppio salto e wall jump – che ci permetteranno di accedere ad aree prima precluse.

Momodora Moonlit Farewell Recensione

L’area iniziale è quella che più colpisce per la qualità della pixel art. Anche il resto si difende bene, comunque.

Ma in Momodora: Moonlit Farewell non ci si limita a correre e saltare: si combatte anche, e pure tanto, anche se l’aumento delle statistiche non è legato tanto alla quantità di marmaglia demoniaca che riuscite a sconfiggere ma all’esplorazione e al reperimento di bacche speciali e gigli celestiali in giro per il mondo di gioco, capaci di aumentare vita, mana e rigenerazione della resistenza le prime, e rendere più temibili i vostri attacchi i secondi.

i sigilli permettono di personalizzare il nostro approccio al gioco

Sempre in giro per il mondo di gioco potremo anche trovare i sigilli, potenziamenti passivi equipaggiabili che permettono di alterare la nostra strategia o di essere meglio preparati ad affrontare specifiche situazioni. Per quanto riguarda i boss, una tradizione di Momodora (mantenuta anche in Minoria) è quella di ricompensare una battaglia conclusasi senza aver preso danni con oggetti speciali; ma non posso confermare con sicurezza che lo stesso avvenga anche in Momodora: Moonlit Farewell. Sconfiggere i primi tre boss senza farmi colpire non ha portato a nessuna ricompensa aggiuntiva, mentre di contro fare lo stesso con un boss più avanzato (ma più facile) ha visto apparire un bel sigillo. Probabile, quindi, che valga solo per alcuni boss? Per conferme in questo senso, aspetterei di sentire che dicono persone più pazienti e più talentuose di me.

Il design di alcuni personaggi è… uhm, peculiare.

Al netto di tutto questo, alla difficoltà standard Momodora: Moonlit Farewell non è un gioco particolarmente difficile. Per carità, morire capita, ma in linea di massima si procede piuttosto spediti e certi sigilli facilmente reperibili rendono davvero molto permissive anche le battaglie contro i boss più avanzati. Forse quasi troppo.

QUALCUNO LI CHIAMA GIOCHINI PICCINI

Come prodotto di un team piuttosto ristretto – quattro persone in totale  – non ci si può certo aspettare di trovarsi di fronte a un gioco mastodontico. E infatti così non è: arrivare ai titoli di coda mi ha richiesto poco più di otto ore e, per quanto ci sia una discreta varietà di ambienti e di nemici (alcuni ripresi dai capitoli precedenti della serie), siamo ben lontani da quello che ha da offrire in termini di puro contenuto un Afterimage, giusto per prendere un altro titolo recente appartenente allo stesso genere. E anche l’aggiunta, una volta terminato il gioco, della possibilità di affrontare nuovamente i boss con nuove condizioni, e di una modalità alternativa che ci vede affrontare una versione speculare dell’avventura, non arricchisce poi così tanto l’esperienza per i non completisti. Non che sia una critica severa, intendiamoci: è giusto che ciascuno faccia in base alle sue possibilità materiali, tanto più che Momodora: Moonlit Farewell si presenta davvero bene, con una pixel art di pregio e animazioni niente male. Certo, a questa presentazione non si accompagna una trama particolarmente profonda: si menano demoni di dimensioni variabili, si esplora, si scopre chi c’è dietro all’arrivo dei demoni e lo si prende a schiaffoni, con qualche storiella secondaria di minore importanza sullo sfondo.

Momodora Moonlit Farewell Recensione

Alcuni boss hanno un ottimo design. Altri meno.

LA CRITICA PIÙ SERIA CHE SI PUÒ MUOVERE È CHE GLI MANCA QUEL QUALCOSA CHE GLI PERMETTA DI SPICCARE

Dunque, come valutare nel complesso questo quinto capitolo della serie Momodora? Di sicuro è un metroidvania competente: si vede che Guilherme Melo Martins, in arte rdein, ha ben chiaro cosa fa funzionare questo tipo di giochi. Moonlit Farewell si fa giocare senza problemi, senza mai far storcere il naso, presentando sistemi di gioco sì ben rodati ma che non per questo vengono alla noia; il tutto, come già accennato, condito da una presentazione di buon livello, sia visivo che musicale. Vale però un discorso simile a quello che facevo con Moonscars qualche tempo fa: negli ultimi anni il livello di qualità dei videogiochi 2D creati da sviluppatori indipendenti si è alzato parecchio, e in questo contesto spiccare non è così semplice. E questa, se proprio vogliamo, è la critica più seria che si può muovere a Moonlit Farewell: che non riesce a spiccare, a fare quel salto da “bello” a “wow”. Ma per il resto, è sicuramente un buon metroidvania.

In Breve: Momodora: Moonlit Farewell è un metroidvania ben costruito, privo di difetti degni di nota, al quale l’osservazione più importante che si può muovere è che non riesce – anche per comprensibili limiti materiali – a fare quel passetto in più che porta un gioco a diventare imperdibile. Anche così, resta comunque un bel titolo. Dici poco.

Piattaforma di Prova: PC, Steam Deck
Configurazione di Prova: RTX 3060, Ryzen 3600, 16 GB RAM, SSD NVMe
Com’è, Come Gira: La pixel art è di ottima qualità, quindi qua le critiche da muovere sono praticamente assenti. Non è un gioco in grado di mettere alla prova una configurazione da gaming.

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Pro

  • Metroidvania serio, ben fatto, senza difetti rilevanti / Ottima pixel art.

Contro

  • Gli manca quel qualcosa in più.
8

Più che buono

Dai monti del Trentino scende Marco Bortoluzzi – figurativamente, s'intende, perché per smuoverlo dal suo paese servono le cannonate. Non chiedetegli mai perché ha giocato così tanto a Dota 2.

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